A Dubai un grande passo avanti sul clima: ora abbiamo un’uscita di sicurezza, di Leonardo Becchetti

Il testo conclusivo della Cop28 segna indubbiamente un passo in avanti, per molti aspetti un passo storico, nelle intenzioni di transizione energetica e contrasto all’emergenza climatica. Tutti i Paesi del mondo, inclusi i “petroliferi”, ribadiscono l’importanza di restare sotto il grado e mezzo di aumento di temperatura: un risultato tutt’altro che scontato. Per farlo, si impegnano a triplicare l’energia da fonti rinnovabili entro il 2030, ad accelerare gli sforzi per l’uscita dal carbone e per l’uso di carburanti a emissioni zero o a basse emissioni.
Nel testo c’è anche un impegno per l’eliminazione prima possibile dei sussidi alle fonti fossili e si citano, in un’ottica di neutralità tecnologica, anche il nucleare e la cattura della CO2 tra le strategie che, assieme allo sviluppo delle rinnovabili, possono portarci alla meta. Sul punto più delicato, quello delle fonti fossili, il compromesso tra chi voleva una menzione esplicita all’abbandono e chi si opponeva è stato trovato nell’espressione “transitioning away” ovvero “realizzare la transizione allontanandosi dalle fonti fossili” in modo equo ed ordinato. Accelerando le azioni in questo decennio, specifica il testo, che sarà decisivo per centrare l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050.

Con quali politiche queste buone intenzioni possono realizzarsi a livello globale e nel nostro Paese? Partiamo dal presupposto che è anzitutto condivisibile l’ottimismo del documento sulla forza del progresso tecnologico e del mercato che stanno spingendo nella direzione delle rinnovabili. I prezzi dei pannelli fotovoltaici, ad esempio, sono diminuiti del 99% dal 1970 a oggi e continuano a scendere mano mano che la produzione globale aumenta. I costi delle batterie stanno anch’essi calando sensibilmente, aprendo alla possibilità di avere nei prossimi anni auto elettriche meno care di quelle con motore a scoppio.
Guardando al nostro Paese, non esiste nessun dubbio sul fatto che un mix di impianti eolici e fotovoltaici possa portarci nella direzione giusta senza nessun bisogno di rovinare il paesaggio. Lo straordinario spirito imprenditoriale del nostro Paese si traduce in grandi progetti e in una miriade di piccoli produttori di energia, già più di un milione. Il tanto atteso varo dei decreti attuativi sulle comunità energetiche apre poi una nuova strada verso la transizione, una via fatta di cooperazione tra cittadini, imprese e realtà del Terzo settore per una produzione diffusa e partecipata. Non c’è pertanto bisogno di interventi pubblici per raggiungere l’obiettivo: è sufficiente valutare e autorizzare la parte più valida e affidabile dei tantissimi progetti privati di cui il nostro Paese è ricco. Le istituzioni hanno invece il compito e la responsabilità di accelerare le autorizzazioni, completare il percorso per l’individuazione delle aree idonee agli impianti con le Regioni e favorire lo sviluppo delle infrastrutture (rete elettrica, colonnine per auto) utilizzando bene i fondi del Pnrr destinati a questo scopo.
Per eliminare invece i sussidi ambientalmente dannosi, seguendo l’auspicio della dichiarazione finale, è necessario predisporre percorsi politicamente sostenibili. In Italia, tali sussidi sono fonti di risparmio per categorie come autotrasportatori, pescatori, agricoltori, proprietari di auto diesel, aziende energivore. Esistono modalità d’intervento per conciliare la rimozione dei sussidi – con il mantenimento dei benefici reddituali per le categorie interessate – e l’incentivo al passaggio a tecnologie meno inquinanti laddove possibile. Bisogna poi considerare la questione degli edifici: una parte consistente delle emissioni viene infatti dal loro riscaldamento (o raffreddamento). E in questo caso la forza del mercato può fare poco. Perché l’efficientamento energetico costa, e i privati non sono incentivati a operare senza aiuto pubblico. Una volta superati tanto la polemica quanto i limiti del Bonus 110%, sarebbe necessaria una legge che definisca un tetto di spesa programmato dal governo, tetto compatibile con i vincoli della finanza pubblica e accompagnato da norme che aiutino soprattutto i meno abbienti a realizzare gli interventi. Ciò detto, è utopistico immaginare un futuro al 100% di energia da fonti rinnovabili? Studi di frontiera indicano che l’impatto zero è possibile, tenuto però conto che al momento le tecnologie di accumulo necessarie per superare il problema dell’intermittenza sono troppo costose. Quindi, nella fase di transizione, sono ancora le centrali a gas residue e il nucleare – le cui emissioni sono basse come quelle delle rinnovabili – le vie alternative per realizzare l’obiettivo. La cosa più preziosa a cui può portare il testo finale della Cop28 è in ogni caso un quadro di consapevolezza condiviso sull’urgenza della sfida per la comunità globale, sulle direzioni da prendere superando ogni posizione negazionista o “disperazionista”, orientando il dibattito in modo costruttivo verso il confronto tra le migliori strategie di cui disponiamo per raggiungere la meta.

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/luscita-di-sicurezz-5844d3487e83479f93bc7167264e93ef

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