Tra le tante cattive notizie che segnano i nostri tempi, ce n’è una che riguarda il sindacato. L’assemblea della Cisl ha approfondito una divisione (Cgil e Uil da una parte, Cisl dall’altra). Lo stesso festeggiamento unitario del primo maggio è in discussione (potrebbe dare una mano il fatto che il sindacato sia coinvolto unitariamente nei festeggiamenti del giubileo del lavoro).
In realtà con la fine delle ideologie le divisioni non hanno più giustificazione se non nella volontà degli apparati di auto conservarsi. A perderci sono i lavoratori. La tutela «stivali sul terreno» dei dipendenti in questo momento la fanno le categorie dei vari settori con la rinegoziazione dei contratti. I confederali si concentrano su battaglie di bandiera (la legge sulla partecipazione per la Cisl, referendum sul Jobs act per la Cgil). In qualche modo a saldarsi sono da una parte gli apparati che hanno bisogno di distinguersi e la politica che non ha interesse ad avere un interlocutore forte con cui confrontarsi.
Non è un caso se in questo contesto non si parla più di misurazione della rappresentanza. I partiti rivendicano la loro legittimazione in funzione del mandato degli elettori. Dei sindacati non si sa quanti siano gli iscritti reali. Le sigle si moltiplicano, insieme con i contratti, i tavoli diventano pletorici e questo è il miglior modo per depotenziare il sindacato tutto, anche quello che ha tessere e consenso. Colpisce che nemmeno sull’esigenza di rafforzare la loro azione attraverso la misurazione della rappresentanza le tre confederazioni riescano a trovare un accordo. Cui prodest? Di certo non ai lavoratori che queste organizzazioni intendono rappresentare. Di certo non alla buona salute dei corpi intermedi. Tanto più che i dati della rappresentanza nelle principali categorie dell’industria ci sono già.
E ad aprile le sigle sindacali conteranno il consenso nella pubblica amministrazione. Una verifica importante sul pensiero della «base». Ma di questi temi ormai si parla poco anche dentro le confederazioni. Ai giornalisti capitava di dare conto di importanti discussioni interne al sindacato. Ora molto di rado.
corriere.it/opinioni/25_febbraio_17/a-chi-serve-il-sindacato-debole-4dc0ac18-9fc4-4b9c-b1c8-ed0c8853exlk.shtml?refresh_ce