Non tutti i frutti sono buoni, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda»
(Lc 6, 39-45 – VIII C).

In settimana ne abbiamo visto tante per rispondere a Gesù: Si, purtroppo ci sono in giro molti ciechi che guidano altri ciechi. E non cadono solo loro nel fosso ma ci cascano anche quelli che a loro si aggrappano o, dalle loro scelte, dipendono. E cosi anche per la seconda domanda: c’è chi si diverte o perde tempo a guardare le pagliuzze degli altri e ha, nei propri occhi, vere e proprie travi.

Ma è la terza parte del brano che illumina questi giorni in maniera peculiare. Rileggiamolo: “Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”. Sembra essere il momento del alberi cattivi, almeno nel senso che fanno più chiasso dei buoni e i loro frutti cattivi hanno più pubblicità e forse influenza di quelli buoni. 

Capisco la paura e le preoccupazioni per il futuro del nostro Paese e di diversi Paesi nel mondo. Non capisco – francamente – la sorpresa per le “follie” e i frutti cattivi di gente come Trump, Putin, Netanyahu, Meloni, Orban, Salvini, i miliziani di Hamas, Musk (e colleghi padroni dei social e di tanta importante tecnologia), imprenditori e leader di alcuni settori, alcuni miei parenti o vicini di casa, giornalisti e formatori, ex amici e colleghi, semplici cittadini e cittadine… Non sono tutti uguali ma diverse cose li accomunano: la follia totale del potere e del guadagno ad ogni costo, dell’arroganza e della voglia di affermare il proprio Io a ogni costo; l’essere senza etica, senza regole, senza decenza, senza rispetto, senza buon senso. E ci meravigliamo? E perché mai? Piuttosto chiediamoci: come sono cresciute queste persone? Come alberi, chi li ha coltivati, da educandi, e come si coltivano, ora, da adulti? Sono cresciuti per essere quello che sono oggi. Suvvia non facciamo gli scandalizzati. E non  sono nemmeno da soli ci sono migliaia o milioni di persone che sono pronti a rivotarli per confermarli come leader o come capi.

La crisi di classe dirigente non tocca solo i casi eclatanti già citati, ma tocca piccole e grandi istituzioni da cui ci aspetteremo di più nella loro prassi. Penso all’ambiente cattolico: quanti preti, vescovi e laici sono stati promossi in termini di potere, senza verificare bene che frutti fossero capaci di portare e che qualità avessero, quindi insieme a frutti cattivi, abbiamo visto aggiungere ignoranza e incompetenza nelle loro prassi di potere. Ma perché ci meravigliamo? Sarebbe il caso di rimboccarci le maniche e di curare bene il nostro “albero”, il nostro “cuore”, dice Gesù, e quello di chi ci è affidato. 

Nel 1935 scriveva Mounier: “Non ci stancheremo di dire, per evitare crudeli riflussi d’illusione, che non crediamo, dal canto nostro, al miracolo delle istituzioni. Esse possono aver grande importanza nel mantenere l’oppressione ed è per questo che siamo rivoluzionari contro le istituzioni che opprimono. Esse possono avere anche grande influenza nel creare un certo clima, determinati costumi, nel dare una direzione ai nostri gesti, nel far muovere la macchina; per questo siamo impegnati a sostituire quelle che corrompono i costumi e bloccano la macchina”. 

Rocco D’Ambrosio 

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.


 

 

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Trani, 9-11 Maggio 2025
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