Ci sono libri che nascono per raccontare il passato, e libri che, pur parlando di ieri, sembrano scritti per illuminare l’oggi. “E tu, piccola Barbiana“, curato da Renzo Salvi. Appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Non si tratta solo di una raccolta di testimonianze su don Lorenzo Milani e la sua esperienza educativa nella sperduta canonica del Mugello: è un’opera che si interroga sulle radici di quell’insegnamento e sul perché, a oltre cento anni dalla nascita del priore, continuiamo a tornare a Barbiana per cercare risposte alle domande più urgenti sulla scuola, la giustizia e il senso dell’impegno civile.
Questo libro si distingue per la sua capacità di dare voce ai protagonisti diretti di quell’esperienza: Agostino Burberi, ex allievo di don Milani e oggi presidente della Fondazione a lui dedicata, e Marco Campedelli, narratore e teologo, autore di un toccante monologo teatrale incluso nell’appendice. Con loro, le riflessioni di Mariano Borgognoni, direttore della rivista Rocca e storico della spiritualità cristiana. Ne emerge un affresco corale che non ha il tono della celebrazione ma quello di un racconto vissuto, fatto di parole dense di significato e di interrogativi che restano aperti.
Memoria e attualità: la scuola di Barbiana e la sua eredità
Nel centenario della nascita di don Milani, questa raccolta non si limita a ripercorrere la sua biografia, ma si sofferma sull’eredità concreta del suo insegnamento. Barbiana non fu solo un esperimento educativo straordinario: fu una rivoluzione che insegnò ai figli dei contadini a prendere la parola, a diventare cittadini consapevoli, a non abbassare la testa davanti alle ingiustizie. Don Milani non fece scuola solo per dare cultura, ma per dare dignità.
Il cuore del libro è costituito dalla conversazione tra Renzo Salvi e Agostino Burberi, che con una lucidità impressionante ripercorre il primo incontro con don Milani, il percorso della scuola, le difficoltà e le incomprensioni con la gerarchia ecclesiastica. Il quadro che ne esce è complesso e affascinante: Milani era un prete rigoroso, duro, spesso spigoloso, ma anche capace di una dedizione assoluta ai suoi ragazzi, al punto da dire nel suo testamento spirituale: “Ho voluto più bene a voi che a Dio”. Un’affermazione che non è un’eresia, ma la testimonianza di un amore radicale, di una fede incarnata nell’impegno concreto per gli ultimi.
Nel libro, Burberi racconta con emozione il giorno in cui Milani arrivò a Barbiana, il 7 dicembre 1954, sotto la pioggia, con un mantello scuro e lo sguardo attento. Non sapeva cosa lo aspettasse, né cosa avrebbe costruito in quel luogo sperduto. Ma da quel momento tutto cambiò. La sua idea di scuola era rivoluzionaria: niente voti, niente bocciature, studio incessante, lettura dei giornali, discussioni politiche, apertura alla realtà sociale e culturale del mondo. Non c’era paternalismo né carità nel suo insegnamento, ma la convinzione che l’istruzione fosse l’unico strumento per cambiare il destino di chi era nato dalla parte sbagliata della società.
Il teatro come strumento di racconto
Uno degli elementi più originali del libro è la presenza del copione teatrale L’obbedienza non è più una virtù, scritto da Mina Mezzadri e portato in scena dalla Compagnia della Loggetta nel 1969, solo due anni dopo la morte di don Milani. L’inserimento di un testo teatrale non è un semplice omaggio, ma una scelta precisa: il teatro, come la scuola di Barbiana, è un luogo di parola e di confronto, dove la realtà prende forma attraverso il racconto. Il dramma della persecuzione di don Milani da parte della Chiesa ufficiale, la sua sofferenza per l’incomprensione, ma anche la forza del suo messaggio emergono con una potenza straordinaria. Il teatro diventa così un altro strumento per mantenere viva la sua voce.
Accanto al testo storico di Mezzadri, il libro include anche un recente monologo di Marco Campedelli, Un bene da morire, portato in scena alla Pro Civitate Christiana di Assisi nel 2023. Qui la figura di don Milani viene esplorata nelle sue tensioni interiori, nel suo senso di solitudine, nella sua battaglia continua con la Chiesa che lo accusava di eccessivo zelo e di un’assoluta rigidità morale. Un ritratto più intimo, quasi tormentato, che aiuta a comprendere quanto il priore di Barbiana fosse spinto da una fede incrollabile e, al tempo stesso, segnato dalla sofferenza per le incomprensioni che lo circondavano.
Un libro per riflettere
“E tu, piccola Barbiana” è un libro che non si limita a raccontare, ma costringe a riflettere. Cosa resta oggi di Barbiana? Quanto della sua lezione è stato assimilato dalla scuola italiana, dalla Chiesa, dalla società? Le domande restano aperte, ma il merito di questo libro è quello di non offrire risposte facili o preconfezionate. Al contrario, invita a porsi nuovi interrogativi, a ripensare il senso dell’educazione e dell’impegno civile.
Nelle ultime pagine, Mariano Borgognoni sottolinea come Barbiana sia rimasta un luogo intatto, senza diventare un santuario o un museo. Non c’è merchandising, non ci sono biglietterie o audioguide. C’è solo la scuola, la canonica, la tomba di don Milani. Un luogo vivo, perché continua a far inciampare, a mettere in discussione, a interrogare. Ed è forse questa la lezione più grande che questo libro ci lascia: la vera eredità di Barbiana non è una memoria imbalsamata, ma un seme che continua a germogliare.
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