Un esodo di palestinesi nelle loro terre è è sempre stato l’incubo di Re Abdallah di Giordania e del presidente egiziano al-Sisi. I più preoccupati sono i giordani, che sul loro piccolo regno ospitano già 2 milioni e 400 mila palestinesi. Ma ora i due leader mediorientali devono fare i conti con Donald Trump che nel corso del fine settimana ha dichiarato di aver parlato con il re di Giordania della possibilità di costruire alloggi e di trasferire più di 1 milione di palestinesi da Gaza ai Paesi vicini,
“È letteralmente un sito di demolizione, quasi tutto è stato demolito e la gente sta morendo lì, quindi preferirei essere coinvolto con alcune delle nazioni arabe e costruire alloggi in un luogo diverso dove forse possono vivere in pace per un cambiamento“. Trump ha aggiunto che potrebbe essere una soluzione temporanea o anche a lungo termine.
L’agenzia di stampa statale giordana, Petra, ha riferito della telefonata con Trump, ma non ha fatto alcun riferimento al trasferimento dei palestinesi. D’altra parte si sa come la pensa il sovrano hashemita, che, in un discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso settembre, aveva assicurato che la Giordania non diventerà mai “una patria alternativa” per i palestinesi. Sarebbero troppo forti i rischi di destabilizzazione per un Paese moderato come la Giordania.
Non è chiaro se il presidente degli Stati Uniti abbia formalmente avanzato la richiesta all’Egitto, ma il suo ministero degli Esteri ha respinto qualsiasi sforzo di questo tipo “sia attraverso insediamenti o annessioni di terre, sia sfrattando i palestinesi dalle loro terre attraverso il trasferimento o incoraggiando il trasferimento o lo sradicamento dei palestinesi dalle loro terre, sia temporaneamente che a lungo termine”.
“In ogni caso, l’Egitto e la Giordania non sono assolutamente interessati ad accettare anche un solo rifugiato palestinese, né in modo permanente né temporaneo. Gli abitanti della Striscia di Gaza sono considerati lebbrosi dai loro amici di altre nazioni islamiche. Tutti parlano delle loro sofferenze, dall’emiro del Qatar al presidente dell’Egitto, che sono disposti a inviare loro denaro – ma accettare le persone? C’è un limite, e loro lo rispetteranno con determinazione”, ha scritto l’editorialista Chaim Levinson sul quotidiano israeliano Haaretz.
Ci invece esulta per la proposta di Trump è il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, il quale ha accusato i 2,4 milioni di persone che vivono a Gaza di “glorificare il terrorismo”: “L’idea di aiutarli a trovare altri luoghi per iniziare una vita migliore è un’ottima idea. Dopo anni di glorificazione del terrorismo, saranno in grado di stabilire nuove e buone vite in altri luoghi”, ha dichiarato Smotrich in un comunicato.
È probabile che la proposta di Trump cadrà nel nulla. In lui deve aver prevalso l’occhio del palazzinaro spregiudicato rispetto alla visione lungimirante che dovrebbe avere uno statista. E comunque una simile proposta non è nuova nel giro della famiglia Trump. Un anno fa il genero del presidente, Jared Kushner, aveva dichiarato che una “proprietà sul lungomare di Gaza potrebbe essere molto preziosa”. Quei 40 chilometri di terra affacciati sul Mediterraneo fanno gola a molti.
Intervistato da Middle East Eye, Ardi Imseis, professore di diritto internazionale alla Queen’s University ed ex funzionario delle Nazioni Unite, ha dichiarato che “il desiderio del presidente Trump di ‘trasferire’ in massa i palestinesi dalla Striscia di Gaza occupata è tanto illegale quanto velleitario”. “Secondo il diritto umanitario internazionale e il diritto penale internazionale”, ha aggiunto, “i trasferimenti forzati individuali o di massa, così come le deportazioni di persone protette dal territorio occupato al territorio della potenza occupante o a quello di qualsiasi altro Paese, occupato o meno, sono proibiti, indipendentemente dal loro motivo”.
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