La gloria di Dio oltre gli eventi, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui 
(Gv 2, 1-11).

Il miracolo descritto è facilmente sintetizzabile e gli elementi sono: la mancanza del vino alla festa di matrimonio, la sollecitudine di Maria, l’intervento di Gesù (all’inizio titubante), il lavoro dei servi, la sorpresa di un vino buono che appare a festa quasi conclusa. Alla fine del miracolo, il primo, l’evangelista annota che “Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Vorrei considerare queste due polarità: la gloria di Dio e la fede dei discepoli.

Il discorso sulla gloria di Dio è molto vasto. Parto dal fatto che, in ebraico, gloria si dice “kabôd”. Il termine ha a che fare con il concetto di “peso”. Quindi il testo non evoca il nostro concetto di gloria, legato alla fama, al peso mediatico, alla notorietà. Fa più che altro pensare a un Dio che conta nel mondo, che ha il suo “peso. Il tutto non perché noi glielo attribuiamo, non perché noi lo riconosciamo o promuoviamo, ma solo perché Lui c’è e sceglie quando e come manifestarsi e mostrare il suo peso, la sua gloria. Se lo spiegassimo ai bambini diremmo che Dio è famoso non perché ha una potente TV o dei social che parlano di Lui. Ma è potente perché… lo è, a prescindere da chi lo riconosce, gli crede o meno. È potente perché opera diffonde bene, giustizia, bellezza, verità…

Va anche ricordato che, nelle scritture ebraiche, “kabôd” indica in generale i segni esteriori della ricchezza e del potere. Tuttavia, nel nostro caso a Cana, Gesù non manifesta la sua gloria, kabôd, con ricchezza e potere, ma con sollecitudine verso il prossimo (sposi) e amore concreto, che va in aiuto di chi ha bisogno. E spesso forse vogliamo che il Signore ci dia una mano notevole per venirne fuori in maniera definitiva.

I discepoli, dopo questa manifestazione, “credettero in lui”. Forse si aspettavano una gloria diversa, magari fatta di ricchezze e potere, eventi holliwoodiane e quant’altro. Invece si ritrovano un intervento discreto ed efficace, che salva una coppia di sposi da una figuraccia e permette di mantenere il clima di festa. Forse spesso crediamo poco in Dio perché cerchiamo glorie e pesi, che non gli appartengono. Forse attribuiamo a Dio i nostri parametri di gloria ed esigiamo che Lui li rispetti. Forse, oggi, osservando i danni delle guerre e violenze (in termini di morti, di ammalati e di ripercussioni socioeconomiche e ambientali) il credere ha assunto particolari difficoltà su cui è importante riflettere, da soli e in gruppo, per rafforzare la fede anche in questa prova.

Rileggiamo il brano, contempliamo la discrezione di Gesù. Pensiamo a quante volte è intervenuto nella nostra vita da lontano, senza chiasso, senza poteri e ricchezze umane. E diamogli gloria – impariamo a dire molto spesso, durante la giornata, Lode a Dio! – per questo e per tutto l’amore discreto che, oggi come nel passato, non ci ha mai fatto mancare.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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