La partecipazione è il cuore della nostra democrazia, di Mauro Magatti

Negli ultimi giorni il presidente Mattarella ha fatto due interventi molto importanti. Nel primo, partendo da uno sguardo preoccupato sul disordine internazionale proposto in occasione degli Stati generali degli ambasciatori, ha ricordato che «il diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l’esercizio delle libertà democratiche, il ripudio della guerra, il perseguimento di pace e giustizia tra le nazioni anche attraverso limitazioni alla sovranità, in condizioni di parità con gli altri Stati» sono principi costituzionali che devono essere rispettati.
Certo, nessuno si può nascondere che, a fronte delle tante crisi belliche e politiche, tali principi vadano calati nella concretezza con equilibrio e saggezza. Rimane tuttavia ferma l’idea che l’Italia vuole essere un baluardo della civiltà e del senso di umanità in un mondo che rischia di finire travolto dalla barbarie. Si può e si deve discutere sulle forme concrete di questo principio, non sulla sua sostanza.
E in conclusione il Presidente ha lanciato un appello accorato: «Bisogna amare la democrazia. Bisogna prendersene cura».
Alla conclusione del 2024 – e in vista del suo discorso di Capodanno – Mattarella ha voluto mandare un segnale a tutto il Paese. Sul piano formale e sostanziale. Dal primo punto di vista, il Presidente ha voluto ribadire che i principi della nostra Costituzione non si possono dimenticare. Al di là delle diverse interpretazioni (di destra e di sinistra, progressiste o conservatrici), questi principi costituiscono gli architravi della nostra comunità politica. E come tali delineano la cornice entro cui l’azione sociale, economica e istituzionale può essere svolta. La democrazia vive della diversità di opinioni. Ma tale diversità ha dei limiti. Superare i quali significa distruggere le ragioni di fondo che ci tengono insieme.
Al di là degli assetti e delle regole istituzionali, la Costituzione del 1948 – ha inoltre sottolineato Mattarella – si caratterizza per l’idea partecipativa della democrazia. Che presuppone un modo attivo di pensare e praticare la cittadinanza, dove i diritti e i doveri sono i due binari sui cui si esprime lo sforzo creativo rivolto al bene comune.
Piano formale e piano sostanziale si tengono reciprocamente. Quando si separano l’uno dall’altro, la democrazia si indebolisce e corre dei rischi. Immaginare una democrazia che non rispetta le forme significa distruggerla. Ma anche il solo formalismo democratico finisce per spezzare quel legame che tiene insieme il popolo. La democrazia muore anche quando perde il suo spirito vivificante.
In questi ultimi anni si è parlato molto delle minacce che, in un mondo investito da innumerevoli crisi, incombono sulle democrazie. Molti hanno addirittura insistito su una lettura che vede il mondo diviso tra democrazie e autocrazie. Individuando in questa faglia la matrice di un nuovo confronto storico che non si esclude possa sfociare in un conflitto aperto. Può darsi che sia così. Anche se sarebbe prudente evitare semplificazioni eccessive che finiscono per alimentare gli immaginari bellici che vanno diffondendosi in tutto il mondo.
Ma se proviamo ad ascoltare Mattarella, possiamo riconoscere che, nel quadro dei grandi cambiamenti che sono in atto, il primo compito per le democrazie è quello di rimanere in salute, sapendosi rinnovare e rigenerare. Dimostrando così ai regimi autocratici che questo modello politico rimane il migliore anche per le società più avanzate. Non c’è nulla di automatico o di scontato in tutto questo. Anzi. Senza nascondersi che tale preoccupazione è particolarmente viva per il nostro Paese, che sta attraversando anni difficili. I richiami del Presidente della Repubblica sono quindi preziosi: la democrazia vince quando non rinnega i principi che la fondano e quando rinnova il senso di una partecipazione attiva alla costruzione di un bene comune che non si esaurisce nelle istituzioni dello Stato. La democrazia è un modo di vivere insieme che ha bisogno di penetrare nelle pieghe della vita quotidiana delle imprese, delle associazioni, dei sindacati, delle scuole, delle università, dei partiti, dei media. Cioè, dell’insieme variegato degli attori che animano la vita di un intero Paese.
Si deve sperare che le parole di Mattarella non cadano nel vuoto, travolte dal chiasso e dalla fretta di questi giorni: sono uno stimolo per essere capaci di inventare il futuro con i piedi ben piantati nel passato.
Il secondo intervento, svolto in occasione del saluto di fine anno con i rappresentanti alle istituzioni, delle forze politiche e della società civile, si è invece concentrato sui tanti fattori di crisi delle democrazie.

avvenire.it/opinioni/pagine/democrazia-e-partecipazione

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