La «nostra» Africa ha ancora i volti dei bimbi denutriti mostrati negli spot delle organizzazioni umanitarie. La stessa immagine di cinquanta, cento anni fa. Un continente che chiede la carità. Povero e destinato a rimanere tale. Sfruttato, vessato ma che fa anche un po’ la vittima. Un pregiudizio che in fondo ci fa comodo. Fa respirare le nostre coscienze e chiudere gli occhi su un mondo che cambia. Nonostante noi.
E allora ci può sembrare persino provocatoria la proposta del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres: un seggio permanente per l’Africa nel Consiglio di sicurezza. Accanto alle grandi potenze: Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito e Francia. I Paesi che hanno disegnato i nuovi assetti del mondo dopo la Seconda guerra mondiale. Gli unici con potere di veto. Con le armi nucleari. I padroni del pianeta.
Ma è giusto chiedersi se l’organismo che riunisce tutti i Paesi della terra debba contemplare al suo interno questa sorta di club esclusivo dove il requisito per farne parte è la forza, la ricchezza, il potere. E gli altri solo soci di minoranza.
«Il mondo è cambiato dal 1945. Ma la composizione del Consiglio non ha tenuto il passo», ha detto Guterres. Allora l’Africa era una colonia enorme, con la sua terra spartita tra le diverse potenze europee. «Non possiamo accettare che il principale organismo mondiale per la pace e la sicurezza non abbia una voce permanente per un continente di oltre un miliardo di persone, una popolazione giovane e in rapida crescita, che rappresenta il 28% dei membri delle Nazioni Unite» ha sottolineato il segretario generale.
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