I giovani impegnati nei centri estivi. Non manodopera ma dono per tutti, di Marco Pappalardo

Sono adolescenti “favolosi”, dobbiamo dirlo. Sono gli animatori di Estati ragazzi, Grest, campi estivi, attività varie di parrocchie, associazioni, movimenti, oratori, gruppi ecclesiali. Sono un dono e una risorsa da non “sfruttare” come manodopera per necessità, ma da curare alla maniera di un bene prezioso. Non parliamo di extraterrestri, smidollati, sfigati – come dicono alcuni – bensì degli stessi ragazzi che ogni giorno potremmo incrociare sul bus, in piazza, al bar, online, un po’ dovunque. Mentre ci sembrano distratti, sono più che connessi; quando pare che non ascoltino, hanno le antenne tese; sebbene siano tacciati di incostanza, si dedicano totalmente se coinvolti da protagonisti; nel momento in cui vengono richiamati, si lamentano come tutti ma poi ricominciano meglio di prima; se pur alternativi nel modo di vestire e di acconciarsi, non è mai l’abito che fa il monaco.
Il mondo degli adulti non sempre gli va a genio ed in fondo alla loro età noi non la pensavamo poi tanto diversamente! Fanno di tutto per sfuggire al controllo delle loro famiglie ed invece si trovano nei cortili a “controllare” i figlioletti degli altri. Non amano a volte certe celebrazioni e liturgie, tuttavia da animatori e educatori celebrano la vita al massimo grado e agiscono per quel sacramento che è la persona ed in particolar modo i più piccoli e deboli. I giovani ci sono in questa estate “per,” e noi dove siamo? Non al posto loro, non senza di loro, mai prima di loro; e invece “accanto” con discrezione, “vicini” quanto basta per dare una pacca sulla spalla, “un passo indietro” per dare un segno di “ok” visibile, “insieme” tutte le volte necessarie, pure lontani, tuttavia in preghiera per loro. Guardiamoli con ammirazione nei cortili assolati per ore, circondati dai bambini che pendono dalle loro labbra, distrutti ma arricchiti alla fine della giornata di attività, strampalati e belli nei selfie. Detto questo, forse qualcuno si scandalizzerà per il fatto che una parte di questi animatori sono gli stessi che poi si ubriacano, che fumano, che corrono con le moto, che si perdono nei social, che fanno d’estate quasi ogni giorno le ore piccole, che usano un linguaggio volgare.
Che fare, allora? Condannarli? No, per niente. Accompagnarli e prendersi cura è la strada migliore. San Giovanni Bosco diceva ai Salesiani: «Amate ciò che amano i giovani, così i giovani ameranno ciò che amate voi». Così sarà possibile mostrare che l’incontro con Gesù non è “palloso” ma avvincente ed entusiasmante, a patto che gli adulti responsabili – consacrati o laici – testimonino con la vita che Gesù non è un burocrate, un giudice, un musone. È un processo lungo, complesso, potremmo dire di inculturazione in certi casi, ma necessario per non apparire lontani, giudicanti, di quelli che puntano il dito e non sembrano mai essere stati giovani. Non si tratta, però, di fare gli “amiconi”, o di lasciar passare tutto perché – come si dice – “sono ragazzi”, ma di costruire percorsi educativi che creino occasioni utili di confronto e di crescita integrale. Non solo, ma bisogna anche fare proposte che puntino in alto, dando – se necessario – del “pane duro”, mostrando che la vita è bella e felice anche godendo delle piccole cose. Un altro modo per prendersi cura di questi giovani un po’ spiazzati, quasi “strabici dell’esistenza”, è quello di fare dell’ambiente ecclesiale un luogo piacevole da vivere anche al di fuori degli impegni di volontario e animazione. Se essere animatore è come lavorare, finito il turno sarò fuori di corsa a fare altro, meglio se magari mi fa sballare un po’; se essere animatore mi fa stare sereno, se mi sento accolto e voluto bene, se con il gruppo animatori abbiamo momenti di relax dopo l’attività, non ci sarà motivo di uscire e scappare, perché sarà bello passare la serata con gli amici dell’oratorio o del gruppo. Non ho bisogno di sballare quando c’è qualcosa che mi riempie il cuore. Richiamiamoli, sì, richiamiamoli, ma solo quando si dimenticheranno di essere felici.

*Educatore e insegnante Arcidiocesi di Catania
avvenire.it/opinioni/pagine/non-manodopera-ma-dono-per-tutti-ci-stanno-chiedendo-di-stargli-accanto

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