Non so se i sondaggisti amino il teatro dell’assurdo e Ionesco. Certo questi nel suo capolavoro “La cantatrice calva” alla domanda su cosa lei stia facendo risponde “si pettina”. Interessa questo ai sondaggisti? Non penso, anche se non lo so. So che i sondaggi hanno molto a che fare con gli Stati Uniti. Non saprei dire se siano nati lì, ma certo quel Paese con l’arte dei sondaggi ha molto a che fare. Ed è un merito.
Così non mi ha sorpreso apprendere che sia arrivato il sondaggio sul ventilato ritiro di Biden per le sue condizione di salute, a dir poco non rassicuranti. E l’esito è impietoso per Joe: tre americani su quattro pensano che, sì, dovrebbe ritirarsi.
Devo dire che dopo aver visto il dibattito con Trump lo ho pensato anch’io. Ma io non sono un sondaggista. Io sono uno spettatore. Se fossi un sondaggista avrei chiesto questo, certamente, ma avrei chiesto anche se un uomo con la situazione giudiziaria di Trump poteva accedere alla corsa. Questo invece appare assodato, tanto che i sondaggisti non lo chiedono ed a me sembra strano. Così oggi alla domanda su cosa faccia Joe Biden, tutti, a cominciare dal New York Times di oggi, rispondono “ci pensa, forse si ritira”. Ma la domanda su Trump neanche viene posta. Eppure un sondaggio su cosa ne pensino gli americani della candidatura di uno accusato di ciò di cui è accusato Trump dovrebbe fare la gioia di ogni sondaggista, tranne che nel teatro dell’assurdo. Ma qui adesso parliamo della realtà.
Di più, ho sentito solo Biden attaccare la Corte Suprema che ha varato una curiosa deliberazione per cui gli ex Presidenti possono essere protetti da accuse penali negli atti ufficiali. A me sembra che neanche ai re andava così di lusso. Vuol dire che, a differenza di quanto usualmente si ritiene, commettere reati nell’esercizio dei propri poteri non è un’aggravante, ma un fondato motivo di non perseguibilità. Grosso modo ora le cose stanno così. Quasi tutti sono convinti che il giudizio sull’accusa a Trump di aver tentato di sovvertire l’esito del voto di quattro anni fa, non avrà luogo prima del voto. Poi Trump, se eletto, potrebbe chiedere al suo “ministro della giustizia” (figura diversa dalla nostra) di archiviarlo. E lo stesso processo già conclusosi con una condanna, quello per i 34 reati imputatigli in merito ai pagamenti a una porno-star, non vedrà più nei prossimi giorni l’entità della condanna essere annunciata, visto che anche quello sembrerebbe in parte coperto dalla decisione della Corte.
La questione non è tanto Trump, la questione è dove sta andando l’America con l’ultra-destra maggioritaria nella Corte Suprema innamorata di Trump. Questa decisione della Corte sembra dire, parafrasando Orwell, che “gli uomini sono uguali, ma i Presidenti sono più uguali”.
Mattarella ha detto che “non può esserci autorità senza limiti”. Mi sembra che il suo punto di vista sia preferibile a quello della Corte Suprema. Dopo le immagini di Capitol Hill, è normale che i democratici si concentrino sulle condizioni (televisive) di Biden e non su quelle (politico-giudiziarie) della Corte Suprema degli Stati Uniti, non quella del Lesotho, e del suo tutelato Trump? Chi ricorda il 6 Gennaio 2021 sa che stiamo parlando di eventi che non hanno precedenti. E anche il caso della porno-star non ha a che fare con la vita privata, ma con i fondi per la campagna elettorale, materia che era sacra per il sistema Usa.
Oltre ad avere molto a che fare con i sondaggi, l’America ha molto a che fare con la democrazia. Il benessere e il malessere della democrazia odierna nel mondo ha molto a che fare con il benessere della democrazia negli Stati Uniti d’America. Per quanto non mi sia mai piaciuto che sul dollaro sia scritto “In God We Trust”, (ne siamo sicuri? In quale Dio credevano i segregazionisti rimasti tali fino ai tempi di Martin Luther King?), se le regole venissero sovvertite in America sarebbe un problema per tutti, anche per gli anti-americanisti che purtroppo abbondano.
Come si spiega che tutto il mondo discuta di Biden e non di una Corte Suprema di tale importanza e poi del “candidato Trump”? A me sembra che buona parte della responsabilità sia dei Democratici. Sono loro che hanno parlato di “panico” non per la sentenza della Corte, ma per quella, di poco precedente, del malfermo Biden. Avendolo fatto per lui, potevano parlare di panico poche ore dopo per la decisione della Corte? Non potevano. Così questa enormità appare irrilevante. Anche loro hanno assimilato l’idea che sia normale che Trump competa? Chi si assume il non facile compito di dire all’America che la decisione della Corte crea un pericolo? Nessuno? Allora la campagna elettorale è uno show! Se così fosse l’instabile Joe in uno show, oggettivamente, non ci sta bene.
Ricordo che alcuni teorizzarono che Kennedy vinse perché usava le camicie celesti mentre Nixon era fermo alle camicie bianche, che in tv sparano, a differenza di quelle celesti. E in effetti se osserviamo il bianco di Nixon vediamo che fa vecchio, pesante, l’immagine respinge, mentre il celeste di Kennedy va bene. Ma questo viene dopo, non prima della persona che c’è dentro la camicia. Kennedy poteva andare con quella camicia perché guardava avanti, voleva portare avanti l’America. E la gente lo avrà percepito (non lo so, immagino).
Così oggi assisto sgomento a questo confronto che mi sembra post-democratico. Per vincere non serve difendere i valori costituzionali del proprio Paese, è decisivo essere uno che può portare una camicia celeste, o che può andare in curva a guardare la prossima sfida della MLS (Major League Soccer). Davvero?
Sconsigliare all’ultraottantenne Biden di candidarsi sarebbe stato saggio, in pubblico e in privato, prima dell’inizio della corsa. Perché si sapeva quanti anni avesse Biden e lui stesso aveva assicurato che non si sarebbe ricandidato, quattro anni fa. E doveva mantenere quell’impegno per l’America, non per sé e non per il suo partito. Per l’America doveva mantenere quella promessa, perché ricandidandosi ha detto che se rieletto a 84 anni sarà alla guida del mondo, o di un pezzo di mondo: quante ore al giorno?
Ma una volta che si è ceduto, una volta che è andata, e che è emerso che Trump e la sua Corte Suprema avrebbero messo a soqquadro un sistema consolidato, continuare a parlare di Kennedy e delle camicie celesti è un suicidio neanche assistito.
Qui, mi sembra sia in ballo non una vittoria o una sconfitta, ma il campionato, per dirla in termini compatibili con l’idea più diffusa di cosa sia una “campagna elettorale” come questa. Certo, passerà anche Trump, l’America è grande, certo, non è un’ultima spiaggia, certo. Però la democrazia americana è meglio tutelarla, per tutti. Trump non sarà quella tragedia che alcuni temono, il sistema è forte, la democrazia Usa anche, ok. Ma la decisione della Corte Suprema per me non dice questo. Allora che sia Biden l’oggetto dello scandalo o del contendere mi sembra troppo. È questo che mi fa pensar male, dei compagni di partito di Biden come anche dei sondaggisti, per quel che contano.
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