A meno di un mese dal voto di giugno per rinnovare il parlamento europeo, inquadrare il continente attraverso i numeri permette di avere una fotografia dello stato dell’unione. Secondo i dati di un sondaggio condotto nei 27 paesi dell’Unione europea dalla Bva Xsight per il consorzio giornalistico guidato dalla rete televisiva franco-tedesca Arte – di cui fa parte anche Internazionale – le preoccupazioni del 41 per cento delle persone intervistate riguardano principalmente la salute. Al secondo posto troviamo la guerra e il proprio potere d’acquisto, a parità con i temi ambientali. Ma ci sono differenze regionali e di genere.
Il 45 per cento delle donne è preoccupato per la salute, contro il 38 per cento degli uomini. Sono invece soprattutto i paesi dell’est come la Polonia (59 per cento), la Lituania (56), la Lettonia (54) e l’Estonia (49) a temere di più la guerra, anche a causa della loro vicinanza con l’Ucraina. A condividere questa preoccupazione ci sono anche la Germania e l’Italia, con il 43 per cento degli intervistati che la mette al secondo posto.
I timori per le proprie possibilità economiche in media toccano il 24 per cento dei cittadini europei. In Francia (40 per cento), Belgio (36), Grecia (35), Spagna (31) e Portogallo (33) questi timori sono in aumento. In Italia (23 per cento) no. Gli italiani sembrano preoccuparsi di più per l’ambiente (31 per cento) e vedono la lotta contro il cambiamento climatico come una priorità per l’Ue nel 59 per cento dei casi (contro la media europea del 43 per cento).
Ci sono specificità nazionali su temi come il diritto alla casa, per cui in Irlanda i cittadini sono preoccupati oltre la media (43 per cento), il terrorismo (29 per cento in Svezia) o la messa in discussione della democrazia, con il 22 per cento dei cittadini ungheresi che vivono la situazione nel loro paese con più apprensione, rispetto al 10 per cento della media dell’Unione.
Situazione economica
La maggior parte degli europei è ottimista sul proprio futuro personale, ma quando si osservano nel dettaglio le risposte, per molti la situazione economica nell’Unione (57 per cento) e del proprio paese (63 per cento) è peggiorata. Non solo. Nel 39 per cento dei casi chi ha risposto al sondaggio sostiene che anche la propria condizione economica personale sia peggiorata. Un dato che per l’Italia è in linea con quello europeo (38 per cento), mentre è più alto in Repubblica Ceca (42 per cento), Estonia (48), Francia (41) e Germania (41).
Rimanendo in tema di economia, per il 40 per cento dei cittadini italiani le politiche europee hanno un effetto negativo sulle proprie finanze, contro una media del 36 per cento nel resto dei paesi europei. Un cittadino italiano ed europeo su tre ritiene che le decisioni europee abbiano un effetto positivo, ma le conseguenze delle decisioni prese a livello comunitario su questioni sociali e sulle finanze personali è per lo più visto come negativo.
Secondo gli italiani, la cultura e la sicurezza sono tra i primi ambiti in cui le politiche europee hanno un effetto positivo. Il dato che riguarda la cultura arriva al 56 per cento tra le persone di 15-29 anni. Le percentuali sono in linea con la media delle risposte dei 27 paesi dell’Unione.
Dal sondaggio emerge una certa unità d’intenti nel chiedere politiche più incisive per affrontare i cambiamenti climatici: le vogliono il 67 per cento dei cittadini europei, una percentuale che per l’Italia sale al 74 per cento.
Secondo gli italiani le misure da intraprendere riguardano soprattutto la riduzione dell’uso dei pesticidi in agricoltura (70 per cento) e l’investimento nei trasporti pubblici (66 per cento), rispetto al 60 per cento e al 57 per cento della media europea. Il 42 per cento degli italiani intervistati sarebbe d’accordo nel limitare i voli all’interno dell’Unione e il 22 per cento aumenterebbe le accise sul petrolio per incoraggiare le persone a usare meno l’automobile.
Immigrazione
Sulla difesa e l’immigrazione la maggioranza degli europei che ha partecipato al sondaggio pensa che serva una politica comune. L’immigrazione è vista come un problema da più di un europeo su due, soprattutto nei paesi dell’Europa centrale e orientale come Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria e negli stati Baltici. Sette europei su dieci ritengono che il loro paese accolga troppi migranti e sono ampiamente favorevoli a un maggior controllo dei flussi.
Quando si tratta delle misure proposte in questo campo, gli europei si dicono favorevoli a stabilire delle quote di migranti da accogliere (74 per cento) e a una politica comune per contrastare l’immigrazione irregolare (85 per cento), percentuali che per l’Italia salgono all’81 e all’87 per cento.
Il 39 per cento più aperto all’accoglienza spiega che la ragione principale di questa apertura è compensare la mancanza di manodopera in alcuni ambiti lavorativi nei loro paesi (56 per cento), mentre per il 35 per cento è un modo per fare i conti con la scarsa natalità. Solo per una persona su tre è una questione di solidarietà, anche se il 43 per cento sarebbe favorevole ad accogliere più rifugiati dall’Ucraina.
Una difesa comune
Abbiamo bisogno di un esercito europeo comune? Per il 60 per cento degli intervistati la risposta è positiva. Solo il 30 per cento ritiene che l’Europa disponga di risorse militari sufficienti per rispondere a un possibile attacco. Un timore, quello di un imminente attacco esterno e di una guerra con Mosca, che riguarda il 62 per cento dei partecipanti al sondaggio, soprattutto nei territori geograficamente più vicini alla Russia come Polonia, paesi baltici, Finlandia e Romania.
Secondo il 47 per cento dei cittadini, l’Unione europea non ha mezzi sufficienti per difendersi da un’eventuale aggressione militare. Per il 62 per cento si dovrebbe rafforzare il sostegno all’Ucraina: il 48 per cento degli intervistati vorrebbe che si aumentassero gli aiuti economici, il 45 per cento quelli militari.
Su questo l’Italia sembra più lontana dal resto dell’Unione: solo il 35 per cento degli italiani ritiene opportuno aumentare gli aiuti militari a Kiev, mentre per il 76 per cento sarebbe necessario negoziare un accordo per il cessate il fuoco (la media europea è del 63 per cento). Il 55 per cento è d’accordo a mantenere le sanzioni nei confronti della Russia. Il 22 per cento dei cittadini europei sarebbe a favore di un intervento armato, mentre tra gli italiani ha risposto positivamente solo il 16 per cento.
Gli effetti del conflitto si sentono anche sullo “spirito europeo”, con il 15 per cento degli intervistati che si sente meno europeo dall’inizio dell’invasione russa. Tuttavia, il 63 per cento sarebbe d’accordo con l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea.
Le elezioni di giugno sono importanti?
Il sondaggio indica che alle prossime elezioni europee il 62 per cento degli europei voterà pensando al proprio paese. Il 70 per cento dichiara di essere interessato a queste elezioni, ma non è così in tutti i paesi. L’interesse diminuisce in Francia (52 per cento), Belgio (52 per cento) e Svezia (54 per cento), mentre in Italia è in linea con la media europea.
Secondo Elena Granaglia, economista, professoressa di scienza delle finanze all’università Roma Tre, e curatrice del libro Quale Europa, i dati del sondaggio, soprattutto quelli che riguardano la situazione economica, mostrano le conseguenze di una crescita economica senza una vera e propria redistribuzione della ricchezza: “Non si vedono benefici nella qualità della vita. Il welfare e i servizi pubblici sono sotto pressione a causa di una distribuzione disuguale del valore aggiunto e di un investimento ridotto nella spesa sociale”.
Portare avanti una crescita a due tempi, dove prima si fa aumentare il pil e poi si correggono le distorsioni, non funziona più. Le risposte che riguardano la salute sono strettamente collegate a questa modalità di crescita “non inclusiva”, secondo Granaglia. “È peggiorata la qualità dei servizi sanitari e sociali, ed è aumentato il debito pubblico. Questo contraddice l’idea storica che la crescita della produttività si traduca automaticamente in miglioramenti della qualità della vita”.
Senza una distribuzione economica più giusta, conclude Granaglia, è come guardare “una tela di Penelope, in cui lo stato sociale deve rifare quello che il mercato disfa”.
internazionale.it/notizie/donata-columbro/2024/05/07/unione-europea-sondaggio