Il card. Martini e Morris West, di Marco Vergottini

A motivo del fatto che per ben 18 anni ho ricoperto la carica di Segretario del Consiglio pastorale ambrosiano (1984-2002), ho avuto la fortuna e il privilegio di pranzare e cenare a fianco del cardinale Martini in numerosissime occasioni. Va detto che, a tal riguardo, c’era fra noi una tacita intesa: avremmo dovuto conversare del più e del meno, senza fossilizzarci su questioni della vita diocesana, tantomeno sulle vicende della mia parrocchia.
Capitava così di discorrere sui nuovi indirizzi della teologia, sulle pubblicazioni recenti in campo biblico, di fare memoria della stagione del Vaticano II e del ‘68, ma anche sulle rispettive ultime letture di saggi o di letteratura.
Ricordo che un giorno, a metà anni ’90, l’arcivescovo mi chiese se conoscessi il romanziere Morris West e quale dei suoi libri mi fosse piaciuto di più. Facendo uno sforzo di memoria, risposi che ricordavo di avere letto nel passato L’avvocato del diavolo, un testo che avevo trovato avvincente e di cui ricordavo l’ambientazione in Calabria sulle vicende contrastate di un ecclesiastico alle prese con una complessa causa di beatificazione. Però, confessai che non avevo letto nient’altro di quell’autore.
Martini ribatté che lui invece aveva letto tutti i romanzi dello scrittore australiano, nessuno escluso. Riteneva, infatti, che oltre al fascino che trovava nei suoi testi, era assai istruttivo conoscere a fondo un’intera opera letteraria.
Qualche anno più tardi, mi interrogò ancora sull’argomento: «Hai letto per caso, l’ultimo libro pubblicato da Morris West, intitolato Eminenza?».
Al mio diniego, riprese in un modo sornione, ma a tal punto risoluto da non lasciare scampo all’interlocutore: «Bene, leggilo, la prossima volta che ci vediamo sono curioso di conoscere il tuo parere al riguardo». Naturalmente, obbedii al mio arcivescovo, per senso di autodisciplina e per devozione.
A questo punto, bisogna ricostruire un particolare importante tassello della vicenda in questione. Nei primi giorni di agosto del 1996, il cardinale fece per la prima volta un breve soggiorno sul suolo australiano, invitato dai vescovi del luogo per tenere, il 4 agosto a Sydney, una meditazione al St. Joseph’s College, “La missione della Chiesa del III millennio”, e due giorni più tardi un intervento pubblico con gli impegnati negli affari e nella vita pubblica, dal titolo “Etica degli affari e moralità collettiva nell’evolversi dei tempi”. I due discorsi sono riportati nella raccolta delle Lettere, discorsi e interventi di C.M. Martini del 1996, Parlare al cuore, EDB, Bologna 1997, pp. 319-335.
Una piccola nota con asterisco informa, in apertura del primo testo: «Questa meditazione e l’intervento seguente sono stati tenuti in lingua inglese durante la visita dell’arcivescovo in Australia, dove ha incontrato numerose realtà ecclesiali e civili». Quest’ultimo riferimento dà da pensare.
Ho ricevuto una confidenza dal segretario che lo accompagnava, don Ettore Colombo, che l’atterraggio dell’aereo fu particolarmente travagliato, perché, a causa di un’abbondante nevicata, ci fu un rimbalzo di avvisi notificati dall’altoparlante di bordo, perché si doveva decidere se scegliere la pista dell’aeroporto di Melbourne o di Sydney.
Finalmente, dopo aver toccato terra a Melbourne, l’illustre ospite fu attorniato dai giornalisti che volevano intervistarlo. Anzitutto, gli chiesero se, per caso, si considerasse in corsa per un eventuale prossimo conclave, che cosa pensava sul futuro della Chiesa nel Vecchio Continente e nelle realtà cattoliche del Terzo Mondo e via discorrendo, poi gli venne posta un’ultima domanda su che cosa conoscesse dell’Australia. La risposta fu secca: «Non conosco assolutamente nulla di questo Paese… anzi no, posso affermare che ho letto tutti i libri dello scrittore australiano Morris West».
Rientrato finalmente in albergo per un meritato riposo, il cardinale fu raggiunto in camera da una chiamata dalla reception, che gli comunicava che, dall’altra parte del filo, c’era lo scrittore che desiderava comunicare con lui, avendo appreso dalle notizie del telegiornale dell’ultima risposta data in conferenza stampa.
Immediatamente, nacque la proposta di Morris West, che l’arcivescovo accolse di buon grado, di un invito a pranzo due giorni dopo in uno dei più esclusivi ristoranti di Sydney. L’incontro avvenne e nessuno sa che cosa si siano detti a tavola i due protagonisti.
Una cosa però è certa: nel 1998, l’ottantaduenne scrittore, un anno prima della morte, pubblicò il volume dal titolo Eminenza, in cui si narra la vicenda intrigante di un presbitero argentino, Luca Rossini, che si era rifugiato in esilio in Vaticano a causa del sanguinoso colpo di stato operato dai militari.
Dopo cinque lustri, l’ecclesiastico, con alle spalle una vita molto travagliata, era divenuto cardinale, godendo della fiducia dei confratelli e dello stesso pontefice – un papa molto simile a Giovanni Paolo II.
Ma all’improvviso, il papa si ammalò ed era praticamente impossibilitato dalle gravi condizioni di salute a proseguire nel governo della Chiesa; se non che, in un clima di attesa frenetica dell’imminente e cruciale conclave, qualcosa arriva a turbare un già difficile equilibrio…
Il racconto qui si deve interrompere per rispetto del futuro lettore, ma ‒ senza spoilerare il finale del racconto ‒ è sufficiente accennare al giudizio del segretario di Stato, per parte sua convinto «che il nostro confratello di Milano sia l’uomo migliore per la Chiesa, in questo momento. C’è una forte opposizione contro di lui. È un erudito. È un gesuita. Ha accolto voci estranee nel suo pulpito. Potrebbe portare nuova luce e nuove speranze nella Chiesa…». E qui – come già detto – ci si deve interrompere.
Da parte sua, il cardinale Martini, reincontrandomi nella successiva sessione del Consiglio pastorale diocesano, mi pose inevitabilmente la domanda: «Allora, hai letto il libro che ti avevo consigliato?».
Alla mia risposta affermativa e al mio tentativo di argomentare un commento ragionato, l’arcivescovo mi parve non soltanto interessato ad ascoltarmi, ma anche molto compiaciuto di avere avuto un posto di rilievo anche nel campo della letteratura.

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