I test attitudinali per magistrati? Roba da matti, di Elisa Chiari

Il consiglio dei ministri del 26 marzo 2024 ha approvato il decreto legislativo in attuazione della legge delega della riforma Cartabia in tema di ordinamento giudiziario. Fa molto discutere comprensibilmente l’argomento delicatissimo dei test psicoattitudinali nella selezione della magistratura ordinaria. Li si introduce sul modello in uso per la polizia al termine delle prove scritte del concorso e sta suscitando dibattito per molteplici profili: uno è giuridico, anche costituzionale, uno è tecnico, un altro è politico.
In tema giuridico giuristi e magistrati pongono un problema di “eccesso di delega“: il Governo legiferando su questo argomento – di cui nella riforma Cartabia non si faceva menzione – senza passare per il Parlamento, avrebbe sconfinato andando oltre la delega ricevuta. Si discute anche di un profilo di costituzionalità: è la Carta a prevedere che la magistratura sia selezionata per concorso senza che siano previste altre vie e la questione attiene anche alle garanzie di autonomia e indipendenza riconosciute alla magistratura per assicurare al cittadino una legge uguale per tutti oltre che l’autonomia e indipendenza del giudice soggetto solo alla legge e a nessun altro potere. È una delle cifre della democrazia preservare la magistratura dall’ingerenza di ogni altro potere esecutivo in primis.
Non è un mistero che le democrazie in crisi di identità vedano rafforzamenti dell’esecutivo a discapito del giudiziario (Polonia e Ungheria hanno visto aprire procedure di infrazione Ue per questo. Le piazze israeliane prima che la guerra fagocitasse tutto si sono riempite di israeliani in dissenso contro la riforma della giustizia di Netanyahu, deciso a comprimere l’indipendenza della magistratura; in Turchia si sono viste azioni simili). Non a caso, come ricorda Roberto Bin nel suo manuale di Diritto Costituzionale sono stati i padri costituenti memori delle ingerenze prerepubblicane a disegnare in Italia la magistratura così.
Ci sono anche problemi tecnici e sono i professionisti chiamati a predisporre e somministrare i test a porli: si dubita che siano adatti a selezionare profili complessi come quello del magistrato. Si veda il documento sottoscritto nel 2004 da centinaia di professionisti, tra psicologi, psicoterapeuti e psichiatri, in cui si leggeva: «Doveroso chiarire che nessun tecnico, anche soltanto minimamente competente in materia, saprebbe in coscienza avallare una simile supposizione o presunzione; e questo non per un’attuale insufficienza dei nostri strumenti di indagine, ma in ragione di più cogenti criteri metodologici, che impediscono la costruzione di griglie riduttive attendibili, atte a testare funzioni così complesse, che coinvolgono ideali, motivazioni, passioni, interessi, come se si trattasse di mere capacità oggettivamente standardizzabili. Ne conseguirebbe che gli ‘esperti’ esaminatori (da chi scelti, secondo quali criteri?), non avendo alcun vero ancoraggio scientifico per validare i propri giudizi, si troverebbero, nella migliore delle ipotesi, in balìa di suggestioni intuitive ed empatiche; o, più facilmente, sarebbero indotti a surrogare la mancanza di appropriati criteri ordinativi nella propria “disciplina” di competenza con un “disciplinato” affidamento, se non con una subordinazione, all’ordinamento politico del momento.

L’operato di simili esperti correrebbe così il rischio di adeguare le proprie risposte “diagnostiche” all’aspettativa di quella domandapolitica’ che li ha cooptati come suoi funzionari». Se l’ettendibilità del criterio di selezione è dubbia, se l’indipendenza dei selezionatori è dubbia il rischio potrebbe tradursi anche in un vulnus, introdotto surrettiziamente, all’indipendenza dei selezionati.
Erano d’attualità all’epoca le frasi ingiuriose di Silvio Berlusconi in un’intervista rilasciata a Boris Johnson, futuro premier inglese allora giornalista, a The spectator nel 2003, definì, da presidente del consiglio, i magistrati «Matti». Perché «per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana». Parole che fecero il giro del mondo per la loro grevità e che oggi tornano come un’eco e certo hanno un peso nel discredito in sé che i test suggerirebbero secondo l’Anm.
Sono passati 20 anni si dirà, è storia. Ma a reintrodurli è stata una mozione del forzista Zanettin il 29 febbraio. E come fa notare su Giustizia insieme Santo Di Nuovo presidente dell’Associazione italiana di psicologia: «Se è legittimo nella selezione del personale valutare – oltre le attitudini e le competenze specifiche in funzione della mansione – anche la personalità, ed escludere chi presenta certi tratti caratteriali che vengono ritenuti (da chi? e in che misura?) inadatti per una certa professione, accettando solo chi risponde ad un ipotetico profilo ottimale per quella professione (ancora una volta, definito da chi?). E se tutto ciò è legittimo, perché applicare questa valutazione solo al magistrato, e non anche alle altre categorie che prendono decisioni importanti per la vita delle persone: al medico, all’avvocato, all’economista, al dirigente d’azienda, al politico…?».
Quando nel 2022 ci si provò con gli insegnanti, la proposta venne respinta al mittente al grido di li facciano ai politici. E la politica ci ripensò.

famigliacristiana.it/articolo/i-test-attitudinali-per-magistrati-roba-da-matti.aspx

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