Una volta approvata la legge sul regionalismo differenziato, noi cosa possiamo fare?
Indicherò qualche rimedio giuridico, mentre a ciascun cittadino la libera scelta sul se e come esprimere la sua ferma opposizione a chi vuole azzerare le lotte risorgimentali e confondere la consapevolezza politica dei Costituenti.
Distinguiamo i mezzi contro la futura legge Calderoli, contro le leggi che approveranno le future intese, e infine contro gli atti amministrativi attuativi delle intese, ex articolo 116 Cost.
Partiamo con ordine e per arrivare a fine articolo con chiarezza di idee.
Contro la futura legge Calderoli ciascuna Regione potrà proporre ricorso in via principale alla Corte Costituzionale, prospettando come vizio la violazione di almeno due norme costituzionali: gli articoli 117 e 5 Cost. La prima è violata in quanto il Lep (Livelli essenziali delle prestazioni), parolina magica che (articolo 117, co.2, lett. m) significa dare a ciascuno la medesima prestazione essenziale che si dà all’altro, è stato male capito nel Ddl perché svuotato del suo contenuto prestazionale nel momento in cui la legge proclama che i Lep si fanno con invarianza di bilancio. Se non si deve aggravare il bilancio di costi ulteriori, i Lep costeranno zero euro, il che equivale a negare il diritto che la Costituzione prima ha riconosciuto. Ecco il primo e macroscopico vizio di legittimità, che da un punto di vista politico svela l’inganno di questo governo: dicono di darci ciò che non vogliono darci.
Passiamo alla più grave violazione dell’articolo 5 Cost., fulcro dell’architettura del nostro ordinamento, che rivendica l’unità senza rinunciare alle autonomie territoriali a condizione che quell’unità non si sbricioli sotto i colpi di rivendicazioni secessioniste delle Regioni più audaci. Ora è vero che il 116 prevede i processi di differenziazione, ma è anche vero che tra le tante modalità di attuazione il nostro ministro della Repubblica ha scelto la modalità più aggressiva possibile e quindi meno compatibile col mantenimento dell’unità nazionale. Si pensi al trasferimento in blocco di tutte le materie rientranti nella competenza concorrente con la cessione al suo seguito dell’intero fascio delle funzioni.
Peraltro, l’obiezione spesso accolta dalla Corte in sede di ricorso in via principale, sintetizzabile nell’effetto ridondanza del vizio sulla competenza regionale, non sia spendibile nel caso nostro, data l’evidenza di questa ridondanza che chiamerei effetto “alluvionale”.
Qualcuno ha anche pensato a un referendum sulla legge Calderoli. Ma qui qualche remora da costituzionalista la avrei, non perché siamo dinanzi a una legge di attuazione della Costituzione in quanto ogni legge, chi più chi meno, è una misura implementativa del già detto nel tessuto costituzionale, piuttosto perché questa legge è collegata alla manovra di bilancio: è lo stesso governo a dichiararlo nella Nadef. Ciò potrebbe avere l’effetto di rendere per espresso disposto costituzionale il referendum su di essa inammissibile stante l’interpretazione estensiva delle categorie di leggi sottratte al 75 Cost., tra cui figura quella di bilancio. Il Governo con la sua opportuna autodichiarazione ha collegato la legge Calderoli alla medesima sorte del bilancio. Contro questa mossa da vero illusionista confiderei nella nostra saggia Corte, che non può lasciare alla maggioranza di turno la qualificazione di una legge come collegata o meno. Se ciò fosse, la Corte affiderebbe al governo la pericolosa selezione tra leggi sottraibili e quelle sottoponibili a referendum abrogativo. Invece, la Corte dovrà fare una rilettura critico-sistematica della legge con clausola di autoqualificazione al fine di conservare il referendum al popolo sovrano, non di assegnarlo illegittimamente al governo, che non ha nulla a che vedere con la democrazia diretta. Ma diciamo pure che la Corte ritorni sull’autoqualificazione e ammetta il referendum, rimarrebbero gli incomprimibili tempi della procedura ex articolo 75 a differenza della rapidità del primo rimedio.
Rispetto alla legge successiva, quella contenente l’accordo tra Stato e Regione, sarebbe possibile un’impugnativa in via principale almeno per i medesimi vizi della legge quadro Calderoli, che se annullata determinerebbe l’illegittimità derivata di quella recepente l’accordo.
Infine, guardiamo agli atti amministrativi che a cascata deriveranno dalle prime due leggi. Ebbene, contro questi la Regione disporrà del conflitto di attribuzioni, in cui potrà in via incidentale sollevare anche l’eccezione alla Corte d’illegittimità delle due leggi di cui prima.
Ma questo carosello di strumenti presuppone l’attivismo delle Regioni meridionali, che, salvo qualcuna, sono complici con la maggioranza nazionale di centro-destra nel non vedere il pregiudizio agli interessi dei propri concittadini a causa di un’inguaribile miopia politica. Occorrerà inoltre una sensibilità della Corte, di cui ha dato prova con la riforma del Titolo V, alla causa dell’interesse nazionale, qui presente nelle vesti di unità ordinamentale. In Corte si giocherà una delicata partita: conserviamo anche per l’avvenire il nostro ordine costituzionale o lo lasciamo disintegrare sotto i colpi dell’interesse politico di maggioranza?
Io guardo con fiducia alla saggezza e neutralità della nostra Corte.
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