In cammino verso il Re, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.  Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Mt 25, 31-46 – Cristo Re-A).

E’ un re strano Gesù Cristo. Ma questo lo sappiamo già per altri motivi. La pagina di oggi acuisce questa “stranezza”. Alla base i suoi interlocutori, di una parte o dell’altra, hanno ragione nel chiedersi quando mai hanno visto il loro re “affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere”, ma quando? E che re sarebbe se fosse in queste condizioni? Eppure è così. Il Re dei popoli, il Re dell’universo vuole essere riconosciuto e accolto negli ultimi e nei poveri: affamati o assetati o stranieri o migranti o nudi o malati o in carcere. Capiremo un giorno questo passo? Si, forse con la testa si, ma col cuore no; perché le nostre emozioni difficilmente vanno verso chi ha bisogno.

Il soccorrere gli altri, in genere, è una fatica immane. Una complessità di fattori ci può avvicinare agli altri, e ai loro bisogni, come, al tempo stesso ci può allontanare. Amore o odio, accoglienza o razzismo, generosità o avarizia, simpatia o paura degli altri, sembrano combattere in noi continuamente. Essere come La Pira o madre Teresa è il frutto di un lungo cammino. Da dove iniziare? Scrive Agostino: “Comincia ad uscire chi comincia ad amare. E molti escono, sebbene di nascosto; e piedi di colore che escono sono gli affetti del loro cuore. L’importante è che escano da Babilonia. Che cosa significano «uscire da Babilonia»? Significa uscire dalla confusione…”. E ogni tempo ha le sue confusioni, le sue Babilonie. Elenchiamone alcune; opinioni che girano anche nei nostri ambienti cattolici: le discriminazioni sociali ed economiche ci saranno sempre, non possono essere debellate – non tocca a noi aiutare i poveri ma alle istituzioni – ci pensassero i ricchi a sfamarli – i migranti vanno aiutati nei loro Paesi e non qui – non hanno niente perché non vogliono lavorare – sono in fondo dei parassiti… e cosi via. Una serie interminabile di sciocchezze, luoghi comuni infondati, frammenti di verità in minestroni di idiozie che riempiono social, giornali, discorsi di alcuni ministri e politici, educatori e docenti, persino omelie e catechesi. Una Babilonia interiore ed esteriore, personale e sociale dal cui dobbiamo liberarci continuamente. Una Babilonia che alimenta aggressività e odio, che spesso degenerano in delitti orrendi.

“Comincia ad uscire chi comincia ad amare. Incipit exire qui incipit amare”, insegna Agostino. Dobbiamo uscire prima di tutto da noi stessi (dai nostri  piccoli e grandi egoismi, razzismi, chiusure, rifiuti, avarizie e invidie). Dobbiamo uscire e aiutare quelli che ci sono affidati (piccoli, educandi, giovani, studenti), altrimenti i delitti più assurdi (e non) aumenteranno. Essi non si sconfiggono con la retorica dell’inasprimento delle pene e di un nuovo impegno delle istituzioni educative. Qui ci sono milioni di persone che si nutrono costantemente delle idiozie (di odio, razzismo e omofobia) di cui sopra. Non escono mai, sono chiusi in se stessi ermeticamente. Dovrebbe essere obbligatorio per tutti, bambini, giovani e adulti, un paio d’ore di volontariato a servizio di poveri ed ultimi. Allora impareremmo a uscire.

Usciremmo per andare verso dove? Chiediamolo a chi lo fa già e impareremo molte cose. E capiremo anche perché il nostro Re è… cosi strano!  

Rocco D’Ambrosio  [presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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