Il capo dello Stato gode della fiducia della stragrande maggioranza degli italiani, come attestano i sondaggi da anni. Ha avuto un ruolo equilibratore fondamentale non solo per l’unità del Paese ma anche nei momenti di crisi, grazie ai suoi poteri “a fisarmonica”, guidando il Paese nelle tempeste finanziarie, come fece Napolitano nel 2011 e Mattarella con il governo Draghi. E allora che si fa? Lo si azzoppa. Il disegno di legge del Centrodestra che verrà portato in Consiglio dei ministri venerdì riduce infatti notevolmente i poteri del presidente della Repubblica a vantaggio del presidente del Consiglio. Rompendo un equilibrio che stravolge la Costituzione.
Va detto che l’elezione diretta del premier proposta dalla riforma, con un turno secco, quindi in teoria anche con un’infima minoranza di italiani, con un pugno di voti, sarebbe un “unicum” delle repubbliche parlamentari di tutto il mondo. Che si chiamano parlamentari non perché c’è il Parlamento (quello c’è anche nei regimi autocratici o addirittura nelle dittature, come in Turchia o in Russia o in Corea del Nord), ma perché il presidente del Consiglio è sottoposto alla fiducia delle Camere. Il progetto di riforma mantiene questo meccanismo (e ci mancherebbe) ma prevede che in caso di sfiducia la palla non torni in Parlamento ma al giudizio degli italiani. È la cosiddetta “norma anti ribaltone”. Al capo dello Stato resterebbe ben poco da fare, se non affidare nuovamente l’incarico a un premier dimissionario o a un parlamentare a lui collegato.
Come dire: o io, o un mio collega di maggioranza (e quindi di mia fiducia) o non se ne fa niente, si torna al voto. Anche a deputati e senatori opposizioni non converrebbe votare la sfiducia, perché saprebbero che in quel caso se ne andrebbero a casa anche loro. Un ricatto? Fate voi. Con questa forma non ci sarebbe mai stato un governo Draghi, o un governo Monti o un gabinetto Amato.
Un altro potere tolto al Colle – che, ricordiamolo, è eletto da una maggioranza “qualificata” (almeno la maggioranza assoluta dei parlamentari, compresi i delegati delle regioni) proprio per garantire una rappresentanza il più inclusiva possibile – è la possibilità di nominare i senatori a vita, una norma prevista dalla Costituzione per portare in Parlamento personalità che si sono altamente distinte nel campo scientifico, letterario e sociale, vecchia ossessione della destra, che considera tutti i senatori a vita un succedaneo della vecchia “sinistra indipendente”, solo perché non venivano considerati di destra. O forse perché erano tutti antifascisti? Possiamo considerare di sinistra senatori a vita come Giovanni Agnelli, Giovanni Spadolini, Giulio Andreotti , Rita Levi Montalcini, Mario Luzi, Carlo Rubbia o Liliana Segre?
La terza Repubblica di Giorgia – che assesta una spallata al Colle – vedrebbe un equilibrio stravolto a vantaggio del potere del premier. Dipingerlo come sindaco d’Italia – riducendo i poteri del capo dello Stato e quelli dell’opposizione – non regge perché il contesto è ben diverso, un conto è decidere i lavori di una città un conto i destini del Paese rompendo il delicato ma fondamentale equilibrio dei poteri e contropoteri previsti dai nostri costituenti 75 anni fa.
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