Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli» (Mt 28, 21-32 – TO/A).
Non nascondo che è molto difficile mantenere una barra dritta quando si parla o si opera nel campo della giustizia! Succedono tante cose: i cuori sono nascosti ai cuori (come diceva J.H. Newman); ci sono leggi ingiuste ma anche leggi discutibili (dal punto di vista etico); c’è il mondo della comunicazione; ci sono sentimenti interiori positivi ma anche negativi (invidie, gelosie, avidità, sete di potere, odio, discriminazioni); ci sono le idee strampalate (a dir poco) di politici e cittadini sulle questioni di giustizia… Allora la domanda diventa: Si può e come si fa a essere giusti in questo mondo? Anche Gesù chiede: “Che ve ne pare?”. Che ce ne pare? Che pensiamo noi dei due figli? Come risponderemmo a Gesù?
Non va trascurato il fatto che Gesù sta parlando “ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo”, cioè la classe dirigente politica ed intellettuale. Essi sanno bene che è il primo figlio ad aver fatto la volontà del Padre, perché pur dicendo no, in un primo momento, poi si pente e cambia rotta. Questo figlio appartiene a coloro che incontrano il Signore e cambiano radicalmente vita, scagliano pietre verso se stessi e non verso gli altri e così via. Mentre gli interlocutori di Gesù – politici e intellettuali, diremmo oggi – danno ragione a Gesù, ma, di fatto, sono quelli che lo fanno solo a parole, poi di fatto sono come il secondo, dicono e non fanno. Al loro confronto Gesù predilige i “reietti sociali”, secondo i politici e gli intellettuali, cioè i pubblici peccatori (pubblicani e prostitute) che hanno il coraggio di convertirsi e cambiare vita.
Questi pubblici peccatori passano avanti! Avanti a chi recita a soggetto; è ipocrita; fa finta di pentirsi, ma non cambia vita; crede di vivere di privilegi; sente di avere il Paradiso in tasca e, come il fariseo, guarda gli altri dall’alto in basso. Si potrebbe dire che per loro non c’è misericordia di Dio. Sia chiaro: non perché il Signore non voglia perdonarli ma perché loro non vogliono avvicinarsi al Signore, cambiare vita e ricevere il suo perdono. “Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia – dice Gesù – e non gli avete creduto”.
Un’ultima domanda: perché il Signore privilegia alcuni, quasi istituendo per loro una corsia preferenziale? La risposta istintiva sarebbe: perché questi sono più onesti degli altri! Gli altri dicono, dicono ma non fanno. Oggi, per esempio, va di moda dire di essere credenti, sbandierare crocifissi e rosari, citare il papa sulle lapidi di Governo e poi creare ogni santo giorno escamotage e decreti leggi per rifiutare gli stranieri che sbarcano, fino a farli morire in mare.
Ci auguriamo di essere sempre nella barca di coloro che ammettono i propri peccati e, con l’aiuto di Dio, si sforzano sempre di cambiare vita, chi più, chi meno. È una barca certamente un po’ strana. In essa si perdona tutto, tranne il fatto di non voler essere perdonati: “A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro”, dice Gesù (Mt 12, 32). Ma è così.
Scriveva Romano Guardini: «L’uomo è il responsabile del corso della storia e di ciò che diviene l’esistenza del mondo e dell’uomo stesso. Egli può agire bene o può errare, e per far bene deve essere nuovamente pronto a quella condotta che già Platone aveva riconosciuto come il compendio del dovere umano: la “giustizia”, ovvero la volontà di riconoscere l’essenza delle cose e di fare ciò che è giusto di fronte ad essa».
Rocco D’Ambrosio
[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]