Il fanatismo dell’indifferenza. Parole forti quelle pronunciate dal Papa nel primo dei due giorni del suo viaggio apostolico a Marsiglia. Parlando con i giornalisti in aereo il Papa aveva confidato «spero di avere il coraggio di dire tutto quello che voglio dire». Speranza ben riposta: le sue parole sono state forti e nette. Nel momento di raccoglimento con i leader religiosi davanti al memoriale dedicato ai migranti dispersi in mare, a pochi metri di distanza dal santuario di Nostra Signora della Guardia, Papa Francesco ha usato anche questa strana espressione: il fanatismo dell’indifferenza. Parole che suonano inconsuete, quasi un ossimoro, perché siamo abituati a pensare che il fanatico è un uomo “caldo”, che si appassiona (troppo) a qualcosa, ad un’idea, mentre l’indifferente ci appare come un uomo “freddo”, che non si scalda per niente e nessuno, che resta impassibile di fronte a tutto quello che gli capita di vedere o incontrare.
Cosa vuole dirci allora il Papa con questa espressione che scardina il nostro comune sentire? Rileggiamo tutto il brano pronunciato a braccio dal Papa nel suo discorso: «Non possiamo rassegnarci a vedere esseri umani trattati come merce di scambio, imprigionati e torturati in modo atroce — lo sappiamo, tante volte, quando li mandiamo via, sono destinati ad essere torturati e imprigionati —; non possiamo più assistere ai drammi dei naufragi, dovuti a traffici odiosi e al fanatismo dell’indifferenza. L’indifferenza diventa fanatica. Le persone che rischiano di annegare quando vengono abbandonate sulle onde devono essere soccorse. È un dovere di umanità, è un dovere di civiltà!».
Per il Papa l’indifferenza può dunque arrivare a diventare fanatica. È quando un uomo si aggrappa ad un atteggiamento, ad una postura, pur di non accettare di cambiare, perseguendo il disperato tentativo di continuare a voltarsi dall’altra parte, per la paura di rischiare di allargare lo sguardo. Come ricordava George Santayana: «Il fanatismo consiste nel raddoppiare gli sforzi quando si è dimenticato l’obiettivo». Lo scopo obliato in questo caso è quello di rimanere umani, il “dovere di umanità” che ricorda il Papa che avverte come Marsiglia sia quel luogo fisico dove si percepisce che l’umanità è oggi di fronte a un bivio: «da una parte la fraternità, che feconda di bene la comunità umana; dall’altra l’indifferenza, che insanguina il Mediterraneo. Ci troviamo di fronte a un bivio di civiltà. O la cultura dell’umanità e della fratellanza, o la cultura dell’indifferenza: che ognuno si arrangi come può». E si può anche declinare questo bivio usando un’altra parola al posto di “indifferenza” e cioè fratricidio, se è vero (come purtroppo è vero) che questa indifferenza fanatica tinge di rosso il Mediterraneo.
Fratricidio, la violenza verso il fratello, è un’altra parola forte implicitamente evocata dal discorso del Papa che ha concluso, sempre a braccio, con un’affermazione netta, tagliente, inserita nell’elogio finale rivolto a chi si impegna per salvare vite in quell’enorme cimitero marino: «Mi fa piacere vedere qui tanti di voi che vanno in mare per salvare, salvare i migranti. E tante volte vi impediscono di andare, perché — si dice — alla nave manca qualcosa, manca questo, quest’altro… Sono gesti di odio contro il fratello, travestiti da “equilibrio”». L’odio può essere mascherato, dice il Papa, così come «il disinteresse che condanna a morte con guanti di velluto». Chi invece, in modo “squilibrato”, si getta nel mare per soccorrere i fratelli migranti è il contrario del fanatico, perché sta raddoppiando gli sforzi proprio perché non ha dimenticato l’obiettivo, lo scopo autentico di un’esistenza pienamente umana.
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