Il paradigma, di Angela Donatella Rega

Eccoci qua. Anche io ho qualcosa da dire. Non sul povero, consentitemi, Berlusconi, perché di fronte alla livella della morte, come la chiamava Totò, siamo tutti poveri e vorrei vedere! Infatti pure in un mausoleo o in una piramide pieni di ori, giaci povero e vestito di un solo abito (destinato alla lacerazione o alla consunzione) per sempre. Da morti ci si veste di povertà, pensate un po’, noi che della povertà abbiamo ribrezzo.

Ma non è di questo che volevo parlare. Né, giusto per dirne una vicina al tema che tratterò oggi, di quell’affermazione che viene attribuita a Berlusconi cioè che il cliente (in seguito chiamato cittadino) andava trattato come un bambino undicenne un poco stupido. Bensì voglio parlare di un paradigma che nella Storia si è affermato ed al quale forse abbiamo dato poca importanza.

Mi è venuto in mente stamattina, come al solito per caso, mentre parlavo di convalescenza con un mio amico caro. Improvvisamente, mentre ne ribadivo le importanti caratteristiche, mi sono fermata a chiedermi come mai ora la convalescenza, pur continuando ad esistere nella sostanza del decorso clinico, non sia più considerata un periodo di riposo a pieno titolo, specie nell’ambito delle aziende private dove forse anche sulla malattia talvolta si “sorvola”, ma anche nel pubblico (o in quel che ne resta a causa del depauperamento delle risorse di personale e materiali). Ed ecco come al solito farsi strada la risposta che a tutta prima vi sembrerà ovvia, ma aspettate a dirlo.

Causa della scomparsa della convalescenza è il paradigma dell’aziendalizzazione con la relativa massimizzazione dei profitti ed il suo altrettanto relativo tentativo di azzeramento delle spese. Uh! Adesso non cominciatemi a dire che Marx lo aveva detto, anche se non fu il pensiero della convalescenza ad ispirarlo.  Facciamo finta per un attimo che Marx non sia esistito, altrimenti (uffa!) saremmo costretti a discutere e poi a scendere nei dettagli del comunismo reale (scagli comunque la prima pietra chi passando dalla teoria o dal suo credo alla pratica, sia rimasto, nella Storia, senza peccato). E poi verrebbero alla mente altre affermazioni libere del primo berlusconismo, per cui da comunista ti ritrovi cannibale senza saperlo oppure diventi terrorista per aver esposto sul balcone la bandiera della pace e ci resti di sasso. Ma ora sappiamo che le affermazioni paradossali anche sotto forma di generalizzazioni indebite e sillogismi artati sono inconfutabili. È una legge della comunicazione che così bene e consapevolmente è stata usata dagli anni novanta in poi.

Torniamo al paradigma dell’aziendalizzazione e restiamo in Italia per semplicità: esempi italiani sono stati l’azienda sanitaria locale e l’azienda Italia (ricordate?).

Cosa c’è sotto questi nomi, a parte l’assimilazione per semplificazione? Cioè Berlusconi era un imprenditore che influenzava la politica come tanti e più di tanti altri imprenditori ma, ad un certo punto, è sceso in campo e quale cosa più semplice che considerare tutta l’Italia un’azienda, i cittadini clienti e tutti i lavoratori come fossero stati in una azienda privata?

Ma mi chiedo, quando ci siamo fatti chiamare fannulloni e furbetti del cartellino, sapevamo che generazioni di lavoratori dell’industria erano scese in piazza dichiarando condizioni lavorative da schiavitù e chiedendo un miglior trattamento economico?

Attenzione! Fare i furbi no! Ma invece di trattare i lavoratori dell’industria come un dipendente pubblico quanto a dignità e diritti, abbiamo fatto il contrario. Siamo passati a trattare i dipendenti pubblici come già ingiustamente erano trattati i dipendenti del privato.

Il tempo della convalescenza è quindi scaduto, è venuto avanti il tempo del precariato, con limiti anche alla maternità, se vogliamo essere precisi, altro che famiglia o sostituzione etnica! Altro che regalini per la nascita di un bimbo! Che te ne fai di mille euro se nel frattempo ti hanno licenziata?

Senza volerne, e poi vedremo perché, al povero, mi si riconsenta, Berlusconi. Ora, io dico, abbiamo esposto le bandiere a mezz’asta per qualcuno che ha favorito, quanto meno, un processo smobilitazione del sistema pubblico, non lui da solo, ma lui con tutta quella destra e quella presunta “sinistra” che si sono messe bene insieme. Il tutto favorito dal metodo dell’aziendalizzazione e del profitto a zero spese.  Per giunta, continui battage sulla malasanità, ci hanno convinti che l’unica soluzione è pagare le cure e le paghiamo eccome, a volte paghiamo anche cure di pessima qualità, tanto non abbiamo più alternativa se non liste di attesa infinite!

Ma, si badi bene, dopo tanti governi che si sono succeduti, anche qualcuno a targa sinistrorsa, non è che tolto il Berlusca con i suoi bungabunga, le sue boutade votate in parlamento sulla nipote di Moubarak, le sue corna nelle foto ufficiali e le sue bandane che servivano a far capire che in fondo era un povero diavolo simpaticone, le cose possano migliorare. Non è che la strada non fosse quella, anche prima che lui scendesse in campo. La strada era già tracciata, lo sappiamo da tante dichiarazioni e tante indagini su P2 e varie trame precedenti alla discesa in campo del nostro eroe nazionale. Lui, l’osannato, ha dato il suo “onesto” contributo da imprenditore, si è detto: questi perdono tempo, accelerano solo sulle trattative con la mafia, adesso scendo in campo io e gli faccio vedere come si fanno le cose.

Infatti lui era un uomo che faceva le cose. E le ha fatte. Questo ha insegnato bene e, come tante cose inventate al mondo, ancora una volta un italiano ha fatto da maestro.

Se tutto è un’azienda non si perde tempo, tutto va in quella direzione, senza deroghe ai diritti o ad un tergiversare culturale che non serve a niente, anzi è dannoso. Al popolo ignorante ed affamato basta lanciare monetine e vedi che subito ti applaude.

Noi però, che non sappiamo fare niente, perché non siamo imprenditori e le cose non le facciamo, almeno qualcosa diciamola. Per esempio: “Sentite, cari politici, le promesse di tagliare le tasse, fatele a qualcun altro. Se di aziendalizzazione dobbiamo parlare, le tasse, che sono la nostra parte di capitale investita nell’azienda Italia, le vogliamo pagare (e che le paghino tutti proporzionalmente al reddito), ma il profitto di questa azienda Italia sia, d’ora in poi, il benessere di tutti i cittadini e la riduzione delle spese sia relativa alle ingenti spese militari e non relativa alle esigenze di salute di noi altri. Perché la guerra, ancora oggi, non è cosa dei poveri, vivi o morti che siano, e per relazionarsi bene con gli altri Paesi del mondo esistono i negoziati internazionali. Voi che di diplomazia vi intendete così tanto, li saprete fare. Che ne dite? Vi abbiamo delineato un progetto facile in due soli punti, meglio di qualsiasi imprenditore. Si può fare?”

Infine ridateci (e riprendetevi anche voi, non si sa mai) la convalescenza. Capisco però che questo concetto sia molto duro da entrare in testa nel vortice in cui viviamo. Eppure la natura si ribella. Lo sappiamo bene ed insistiamo nel volerla piegare alle nostre esigenze di “profitto”. Non diremo mai, forse, che abbiamo corso troppo in fretta ed adesso dobbiamo aspettare che le nostre anime ci raggiungano (come saggiamente ci insegna la cultura africana)? Se fossi un albero direi che gli esseri umani sono pazzi, se fossi il mio sistema immunitario la stessa cosa penserei si chi impone ritmi anomali ed intossicazioni plurime al corpo umano. Quindi concludo con una massima che imparai a scuola: γνῶθι σαυτόν. Non solo nel senso di sapere di cosa ha bisogno l’organismo umano per restare in salute, ma anche o soprattutto in un altro senso, cioè prima di considerarsi degli amministratori giusti e corretti della repubblica, ogni delegato del popolo perché ahimè a volte incoscientemente votato, si ponga un limite chiedendosi chi egli o ella sia, che cosa ci fa lì dove sta e che ruolo può avere per migliorare lo stato delle cose nell’interesse di tutto il popolo e non solo di una parte.

Angela Donatella Rega [redazione Cercasi un Fine]

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