La dottrina sociale della Chiesa è la riflessione della comunità credente che, attraverso le generazioni, s’interroga su come sia possibile affrontare le res novae della contemporaneità in direzione del bene comune. Le Res Novae degli ultimi 30 anni, dalla data della nascita della Fondazione Centesimus Annus che celebriamo, sono state delle vere e proprie rivoluzioni tanto da far parlare non tanto di un’epoca di cambiamento ma di un vero e proprio cambiamento d’epoca. La riflessione della comunità credente incorporata nelle encicliche di questi ultimi decenni ha dovuto riflettere su come i principi immutabili (primato della persona, bene comune, opzione preferenziale per gli ultimi, sussidiarietà) dovessero e potessero incarnarsi più utilmente nell’era della globalizzazione, della rivoluzione della rete e delle sfide della transizione ecologica e digitale.
Ne è progressivamente nato, attraverso il pensiero degli ultimi tre papi, una critica ai limiti del modello economico vigente ed un’indicazione di come è possibile superarne riduzionismi e limiti angusti aprendo le finestre e facendo uscire aria viziata. Facendo sempre attenzione all’equilibrio necessario tra i tre registri con cui osservare la realtà che sono quelli della gratitudine (per i cambiamenti positivi), denuncia (per gli scandali irrisolti) e speranza (intesa come ferma convinzione nella capacità degli esseri umani di ogni generazione di essere con-creatori portando a termine l’opera della creazione).
La pars destruens ha evidenziato quello che è oggi sotto gli occhi di tutti. Il sistema economico è potente nella capacità di creare beni e servizi in sempre minor tempo grazie all’innovazione tecnologica e ai principi della produttività ed efficienza, ma è scandalosamente manchevole sul fronte dell’equa distribuzione della ricchezza creata e della lotta alla povertà. Un paradosso che capiamo quando ci rendiamo conto che nel mondo si produce cibo per 12 miliardi di persone.
Peccato che siamo (solo) 8 miliardi e dunque un terzo di quella produzione è sprecata e non serve a curare povertà e diseguaglianze con enormi costi sociali ed ambientali. L’attenzione negli ultimi tempi al problema della sostenibilità ambientale sempre più grave ha messo in evidenza come questa enorme capacità produttiva ci ha portato ai limiti della sostenibilità del pianeta sottolineando come l’uomo oggi debba passare dallo sfruttamento all’imitazione della natura che tutto riusa, rigenera e ricicla non creando scarti. Infine la dottrina sociale della chiesa in modo unico ed originale ha evidenziato la terza malattia dei nostri tempi nella povertà di senso del vivere che finisce per alimentare la perdita di futuro e la grave crisi demografica che stiamo vivendo nelle economie dei paesi occidentali.
La pars construens della dottrina sociale negli ultimi tre decenni si chiama economia civile e si fonda su quattro capisaldi che possono cambiare il modello. Il primo è una persona cercatrice di senso e maestra nell’arte delle relazioni, il secondo è una nuova generazione di imprese ed imprenditori, più ambiziosi che non guardano solo al profitto ma anche all’impatto sociale ed ambientale, il terzo è la riforma degli indicatori di benessere che indicano la rotta per le nostre società verso una visione di benessere multidimensionale dove la generatività diventa la stella polare. Il quarto è l’idea che i problemi sociali non possono essere risolti da soli dalla mano invisibile del mercato, che ci rende irresponsabili spettatori di soluzioni automatiche che comunque arrivano, né solo dagli interventi correttivi dei rappresentanti delle istituzioni.
E’ consapevolezza sempre più comune che è e sarà impossibile salvare la nostra civiltà senza il concorso della terza mano di imprese ed organizzazioni not for profit socialmente ed ambientalmente responsabili e la quarta mano dei cittadini, protagonisti attivi del cambiamento con le loro scelte. A ben vedere non è un caso che con questa riflessione la dottrina sociale della chiesa è oggi un riferimento alto e prezioso per credenti e non credenti. Esiste infatti una consapevolezza diffusa che generatività, cittadinanza attiva e partecipazione sono le chiavi per difendere gli spazi di libertà e democrazia nella nostra civiltà. Negli ultimi trent’anni, dalla fondazione della Centesimus Annus in poi, è cresciuta e si è rinforzata la consapevolezza che il sistema non ha un pilota automatico che risolve i problemi per noi ma meccanismi potenzialmente provvidenziali che però hanno bisogno della nostra cooperazione e del nostro sforzo per funzionare.
https://www.famigliacristiana.it/articolo/i-30-anni-della-fondazione-centesimus-annus-centralita-della-persona-bene-comune-solidarieta-il-vangelo-alla-prova-della-storia.aspx
Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.