Il Vangelo odierno: In quel tempo, disse Gesùa Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perchéchiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perchéil mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non ècondannato; ma chi non crede ègiàstato condannato, perchénon ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». (Gv 3, 16-18 – SS. Trinità A).
4 giugno 2023. Ho sempre pensato che la condanna è una delle cose più facili da pronunciare. E in tempi di stress psicologi e fisico le condanne diventano più facili e più frequenti. Sembra quasi un gioco prendersela con qualcuno: i russi o gli ucraini, il governo, le organizzazioni internazionali, la natura, la globalizzazione, gli immigrati, i neri…. persino il Buon Dio! Basta poco, sopratTutto in chi è fragile e immaturo: una differenza di giudizio o opinioni, una diversità di vedute, un torto subito, un pregiudizio, latente razzismo o omofobia e via di seguito. Immediatamente “si parte” condannando tutto e tutti. Non è facile contenersi. Anche chi è maturo e formato deve tenere a freno questo istinto di condanna. E solo anni e anni di esercizi interiori e condivisi ci aiutano a discernere e ponderare per non condannare a ogni piè sospinto.
Dio è diverso. Non ha bisogno di… maturare o capire meglio come stanno le cose, di conoscere l’essenza dei fatti, di valutare se l’amore vince oppure soccombe. Problemi che Lui non ha. Noi si. Dio sceglie l’amore al posto della condanna. “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.Ma cos’è questa “condanna”?Immediatamente ci vengono in mente tribunali, giudici, avvocati, leggi, punizioni e così via. Simpaticamente diremmo: e che tribunale! Il Padre, il Figlio e lo Spirito che ci giudicano. Condanna inevitabile, sempre e comunque.
Per il vocabolario “condannare”è l’opposto di “perdonare”. Ma non solo per il vocabolario, anche nella nostra vita. Chi prende sul serio le proprie relazioni è spesso a un bivio terribile: condannare o perdonare. Non parlo qui della giustizia umana, della sua necessità, del fatto che sia efficiente ed efficace, equa quanto saggia, riformata e mai piegata a interessi individuali o di parte. Mi riferisco a un livello più profondo: quando, assolti gli obblighi di giustizia umana e sociale, noi restiamo soli con noi stessi e con il dilemma: condannare o perdonare.
Ma non è così per il buon Dio. Per Lui non c’è nessun bivio: Iddio ci perdona, non ci condanna. E noi abbiamo un solo modo per entrare in questa comunione di amore: credere nel suo Figlio Gesù. E cosa vuol dire qui credere? Vuol dire credere che mi perdonerà anche se merito solo di essere condannato. Solo e solamente, sempre e comunque, senza nessun merito di sorta, merito la sua condanna e mai il suo perdono. Eppure Lui mi perdona! Che meraviglia!
Auguro a me, a tutti noi che condanniamo, specie a chi lo fa spesso e troppo quanto Fëdor Dostoevskij ha scritto ne I fratelli Karamazov: “Vi sono anime che, nella loro limitatezza, accusano tutti quanti. Ma schiacciate quest’anima con la misericordia, mostratele l’amore, ed essa maledirà il suo operato, giacché in lei sono racchiusi tanti germi di bene. Quest’anima si dilaterà e si ravvedrà di come Dio sia misericordioso”.
Rocco D’Ambrosio, presbitero, doc. di filosofia politica, Pont. Università Gregoriana, Roma; pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari.