Sempre lui, Shakespeare. Con i dilemmi sull’essere e il non essere. Esistere o non esistere. Per esempio, contare qualcosa o non contare niente? E quindi essere servo o padrone? È meglio essere padrone che servo, avrebbe detto qualcuno.

Ma padrone di che cosa o padrone di chi? E servire, in che senso? Nel senso di essere utili a qualcuno o a qualcosa? Essere utili come uno strumento?

Lo diceva San Francesco: “Signore, fa di me uno strumento della tua pace, dov’è odio ch’io porti amore, dov’è offesa ch’io porti il perdono” ecco un progetto cui, chi si dichiara cristiano e cita San Francesco dai pulpiti e dagli scranni o dai “semplici” social media, dovrebbe tener fede.

Ma essere uno strumento può anche avere risvolti meno nobili, come quando si è fonte di guadagno in qualità di consumatori e clienti, per esempio. Oppure quando si è fonte di informazione tramite localizzazioni, acquisti, trasferimento online di nostre opinioni ed abitudini. Da un po’ di tempo ti fanno anche capire che sei servo. Adesso non ti srotolano più il tappeto rosso quando vuoi acquistare qualcosa, anzi! Spesso ti scontri con muri di menù telefonici infarciti di assistenti virtuali, complicati da passaggi incomprensibili e da codici da digitare o pronunciare.

Servire dicevamo.

C’è anche un altro servire, servire come un minister dell’antica Roma, un servitore, magari dello Stato, che amministri sapientemente ed oculatamente un territorio secondo principi di giustizia ed equità, senza appropriarsi o disporre in maniera iniqua dei beni statali ma usandoli nell’interesse dei cittadini che abitano tutto quel territorio. Uno che serve così, come passerebbe alla Storia? Come un giusto. E non è poco.

Ma anche essere padroni non è male. Per esempio essere padroni del proprio destino. Quindi non essere ostacolati nella realizzazione personale, nei progetti per la propria vita, nelle possibilità di vivere dignitosamente lavorando con onestà.

C’è un altro modo di essere padroni, però, quello di ambire al possesso di cose e persone, al potere per il potere o al potere per il denaro. Ledere la libertà e la possibilità di realizzarsi degli altri in genere, o dei meno abbienti in particolare, determinerà alcuni effetti. Per cosa si passa alla Storia, in questi casi, forse per la furbizia? Come malvagi? Come dittatori? Come pazzi? Forse come un po’ di tutto questo. All’apparenza si tratta di padroni che tutto possono col loro potere di vita o di morte sugli altri. Ma nella sostanza essi sono liberi?

E no, neanche loro!

Libero è quell’essere umano che non ha legami di clientele, che non deve costruire protezioni intorno ai suoi averi, che rispettando le regole della convivenza civile non crea inimicizie ma legami affettivi. Liberi sono coloro che si nutrono di rispetto e cura del prossimo e dell’ambiente, perché possono vivere sereni e a testa alta, e se pur talvolta schiacciati dalle prepotenze, possono decidere di sottrarsi alle umiliazioni appagandosi della loro inarrivabile dignità interiore.

Invece la sequela del male spesso ci padroneggia e noi ne siamo schiavi.

Quindi, paradossalmente, chi insegue quel tipo di potere e crea per questo scopo legami scellerati con altri individui a lui simili è uno schiavo per eccellenza, dipendente dal proprio desiderio che non appagherà mai abbastanza. Infatti si circonderà di tutti i mezzi, prevalentemente immorali, per mantenere ed aumentare il proprio potere: armi, eserciti, inganni, trame, spie, magari anche alibi morali.

Essere o non essere. Questo è il problema.

Sono i poveri ad invidiare i ricchi o i ricchi ad invidiare i poveri? Me lo sono sempre chiesto.

Si può essere felici non avendo niente ed infelici avendo tutto. Il segreto della felicità è ancora inespugnabile per alcuni. Specie per chi non la cerca negli occhi altrui. Non c’è spia che possa scoprire questo segreto. Il gioco è tutto lì. Per questo si fanno guerre e si distrugge. Per questo si annienta la vita di chi non possiede niente e persino dei bambini. Per quel segreto che ad alcuni non apparterrà mai. Il non essere in realtà è quello vissuto da chi conta a discapito di chi invece non conta ma è