Lo scorso 25 giugno si è tenuto, presso gli spazi dello Sporting Club di Bisceglie un incontro dal titolo Mafie in Provincia. Su la testa. In quell’incontro, il Procuratore della Repubblica presso la Direzione Investigativa Antimafia ha dichiarato: “Dobbiamo accettarlo: qui la mafia c’è”. Parole che hanno aperto una nuova finestra di consapevolezza da parte dei cittadini della provincia di Barletta-Andria-Trani. Consapevolezza che permesso di riconnettere i vari episodi di criminalità operanti tutt’oggi nella provincia. Furti d’auto, omicidi, amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni e pressioni criminali di stampo mafioso, ma anche estorsioni e rapine sono tutti elementi collegati in un grande puzzle criminale che connette cronache di ieri e di oggi con la pluralità territoriale della Provincia.
Successivamente, come ogni semestre, c’è stata la presentazione del Rapporto della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) sulle attività criminali di vari territori. Stando al Rapporto della DIA del 2021, la città di Bisceglie si caratterizza per essere una ex-zona franca fra la criminalità della Capitanata e quella del Barese. Storicamente Bisceglie viene considerato un porto franco e una zona di cesura, sotto il controllo della famiglia dei Capriati con referenti locali. Tuttavia, le evoluzioni segnalate già nel 2021 rivelano una presenza criminale locale in evoluzione e in costante ricerca di una propria indipendenza gestionale nel traffico degli stupefacenti e dei furti d’auto. Nel 2021 si segnalava la presenza di un sodalizio fra criminalità andriese e biscegliese, dopo gli arresti nel clan tranese Corda-Lamolino. Sodalizio impegnato nel traffico di stupefacenti mentre si registra un ulteriore sodalizio per i furti d’auto con supporto logistico di alcuni biscegliesi nelle operazioni. La preoccupazione lanciata dalla DIA nel Rapporto 2021, dunque, mette sul tavolo la complessità della realtà criminale locale che tenta sempre più di sganciarsi dai clan organizzati delle altre città per acquisire sempre più potere locale. A farne sempre più le spese di questo sistema sono le città presenti sulla costa e, in modo particolare, il turismo costiero soggetto a racket, estorsioni e furti d’auto, con un impoverimento collettivo sia dell’indotto economico sia delle persone costrette a vivere in un regime di costante preoccupazione e paura.
La Relazione Semestrale del 2022 sottolinea uno scenario di progressione e continuità rispetto alla Relazione 2021:
Le evidenze investigative e d’analisi del semestre hanno sottolineato come alcune frange della locale mafia autoctona sembrerebbero orientarsi anche verso modelli delinquenziali più evoluti, finalizzati all’infiltrazione nell’economia legale senza rinunciare a forme di intimidazione violenta contro rappresentanti della pubblica amministrazione. La siffatta azione dei clan potrebbe rappresentare un serio pericolo per il tessuto economico della provincia se rapportato alle vulnerabilità sistemiche del territorio già gravemente fiaccato dalla perdurante crisi economica generata anche dall’emergenza sanitaria. Le attività economiche nel settore sia del turismo e della ristorazione, prevalenti lungo la litoranea Margherita di Savoia-Barletta-Trani-Bisceglie, sia del comparto agricolo nell’entroterra provinciale potrebbero costituire oggetto di interesse della locale criminalità organizzata.[1]
Nel nostro territorio, compresa Bisceglie, le organizzazioni criminali si stanno evolvendo attraverso un rete di relazioni fra clan tesse le varie città e che interessa la stessa policentricità caratteristica della BAT. Insomma, il primo passaggio che vogliamo sottolineare è quello di un distanziamento dalle forme classiche di sodalizio con i clan presenti nelle grandi città, a favore di una mafia nostrana parcellizzata ma ancor più organizzata. Il secondo elemento su cui porre attenzione è il connubio fra mafia e turismo, soprattutto per quanto riguarda la nostra città. Lì dove sono i flussi di denaro c’è sempre il pericolo, come sottolinea il Rapporto 2022, di una infiltrazione mafiosa, anche nell’economia legale. Per questo motivo, all’interno di un indotto turistico legale che caratterizza la nostra città nei periodi estivi, c’è un sommerso indotto economico illegale formato da spaccio di stupefacenti e furti d’auto. Ecco perché, oltre agli sforzi delle Forze dell’Ordine messi in campo, occorre proporre ancora una cultura della legalità a base locale, in grado di formare e informare i cittadini e le cittadine su quello che sta avvenendo per le strade della città. Da una parte per non delegare solo e soltanto alle Forze dell’Ordine un bene comune che appartiene a tutti noi, dall’altra per non cedere terreno a meccanismi criminali che non propongono un miglioramento dei territori, casomai forme di parassitismo sulle spalle di tanti lavoratori e lavoratrici. Per combattere la criminalità, inoltre, non basta neanche il muro contro muro, ma occorre una destrutturazione della mentalità criminale, un entrare negli ingranaggi, comprenderli, lavorare sui bisogni che la criminalità intercetta nella nostra società, dalla mancanza di lavoro alla sicurezza. Smontare pezzo per pezzo questa mafia, che è nostrana perché ci contamina, ci entra dentro e ci avvelena, giorno dopo giorno.
[1] Direzione Investigativa Antimafia, Rapporto Semestrale gennaio-giugno 2022, p. 155-157.