Sembra che sia sempre esistito e che sia ancora in atto un controllo dei membri laici e clericali della Chiesa cattolica descrivibile con il paradigma della doppia vita.
Esisterebbe una vita sommersa, che presumibilmente sarebbe sempre caratterizzata dall’imprevedibilità incontrollabile dei desideri e delle pratiche erotiche – ed è una vita che deve essere negata, governata e repressa, per adattarsi a modelli di personalità e comportamenti standardizzati totalmente identificati con l’istituzione.
La personalità cattolica
Insomma, in questa dicotomia dell’essere umano, ci sarebbe una parte morale e un’altra immorale, una lecita e l’altra illegale, una patente e l’altra segreta e, talvolta, inconfessabile. Il prezzo da pagare è spesso la rimozione, sempre fallimentare, della corporeità e dei tratti caratteristici del temperamento e del carattere.
Da aggiungere è il rischio, non così remoto, di castrazione di ogni possibilità di autoconoscenza e di qualsiasi attitudine autocritica. La dimensione sommersa della personalità cattolica comprende, oltre alle emozioni, ai sentimenti e i desideri, tutte le caratteristiche del temperamento e del carattere della persona.
E ciò che sostiene la sua irriducibile libertà, la sua solitudine mai colonizzata, sovversiva e pericolosa. E la sua infanzia con i suoi sogni e giochi. E tutto il potenziale anarchico che ogni essere umano porta con sé.
È necessario, tuttavia, ricordare che questa antropologia non funziona in Brasile. La colonizzazione cattolica di questi aspetti non razionali, e talvolta irrazionali, del soggetto non ha funzionato e continua a non funzionare nel Brasile indigeno e nero. Funziona con i discendenti della più recente colonizzazione europea, tedesca, italiana e polacca, ma non è applicabile ai brasiliani-radice.
Trovare un modo
È la cordialità di Sérgio Buarque de Holanda (Radici del Brasile, 1936) che, con le sue luci e ombre, definisce i brasiliani come esseri umani che agiscono con il cuore, in modo emotivo, dando sempre priorità alle relazioni di familiarità e intimità, per difendersi dai rigori della razionalità e della legge. Un mondo emotivo che sa essere accogliente e affettuoso, ma che ha anche la possibilità di esprimersi con odio e violenza senza precedenti.
Per ogni situazione complicata è necessario trovare – come si dice solo in Brasile – un modo, un jeito, e solamente con il jeitinho si afferma la priorità dell’individuo in relazione alle convenzioni sociali e all’oppressione dello Stato. Perché quando non si riesce a trovare un jeito, la complicazione viene solitamente risolta con l’omicidio dell’avversario. Con jeito, anche le regole e i comandamenti della Chiesa vengono aggirati.
La stessa spiritualità brasiliana è caratterizzata dall’esuberanza festosa, non dallo stile silenzioso e meditativo tipicamente europeo. I riti trovano trascendenza nelle conversazioni rumorose durante le celebrazioni e nel canto e nella danza che rafforzano i legami familiari.
In questo mondo la dimensione sommersa è la razionalità.
Il corpo salvato
Nella contabilità dei guadagni e delle perdite, gli europei, da un lato, controllano, nascondono, mascherano, negano le emozioni, dall’altro, i brasiliani salvano invece la corporeità contro la concezione indoeuropea e greca che suppone la superiorità gerarchica del logos – della mente, dello spirito e del maschio – sulla natura, sul corpo e sulla donna.
Forse questa caratteristica culturale è la più grande resistenza al processo di colonizzazione europea. E poiché è esistenziale e non teorica, questa è forse il più efficace antidoto contro Parmenide e la metafisica. Inoltre, la corporeità con i suoi jeitos (modi) – anche antropofagici – potrebbe ispirare le lotte e le insurrezioni dei popoli che portano nei loro corpi le cicatrici della conquista coloniale.
Dubito che personalità positive possano emergere in un processo di repressione che segna l’identità cattolica europea. Il risultato della negazione è spesso un adeguarsi conformista, o ipocrita e timoroso, alle prescrizioni e alle convenzioni religiose e sociali, spesso aprendo spazi ad attitudini autoritarie e giudicanti.
Strumenti di controllo
È evidente che è possibile sfuggire al controllo sociale e vivere questi aspetti segreti della nostra vita, che le istituzioni totali, inquisitrici e dittatoriali non possono accettare. Se, nello Stato totalitario, sono la polizia, gli informatori e la magistratura a reprimere i trasgressori, nella Chiesa cattolica il controllo e la repressione della sessualità sono rafforzati dall’uso del sacramento della riconciliazione, in cui si riconosce la fragilità umana e si rafforza il rapporto con Dio che è Amore e Perdono.
Ma, nella confessione, praticamente gli unici peccati che tutti finiscono per confessare sono le trasgressioni del sesto comandamento, la punta emergente dell’iceberg della corporeità. Questo costituiva e costituisce tuttora il potere clericale, che si esercita nell’assoluzione del penitente.
Nelle confessioni dei cattolici brasiliani delle comunità tradizionali, al contrario, non appare quasi nessun peccato legato alla sessualità. Troviamo, altresì, la confessione di una colpa, di cui si sente rimorso anche in età avanzata: la disobbedienza ai genitori, cioè la convinzione che, lungo la loro vita, hanno spesso dimenticato la preziosa eredità degli ancestrali.
Un altro peccato solitamente confessato è l’esistenza di intrigas e intrigados, inimicizie e nemici non perdonati, sofferenza che rivela l’incapacità di risolvere conflitti familiari e comunitari. E poi l’impazienza e, infine, la sofferenza per l’ingratitudine di mariti e figli.
E le altre trasgressioni? Gli altri comandamenti? E le beatitudini di Gesù di Nazaret? E l’indiscutibile corporeità del Figlio dell’Uomo, nostro Dio? E Matteo 25?
Etiche dei margini
Vale la pena notare che, a partire dagli anni ’60, quando la modernità occidentale apparentemente liberò la sessualità dalla repressione, il potere clericale, che, in parte, era fondato su di essa, perse prestigio e autorità.
Ma la liberazione sessuale ha anche rivelato, in modo nuovo e convincente, i suoi limiti e la necessità di un discernimento etico. Insomma, non sta in piedi l’affermazione “fate l’amore, non fate la guerra” senza una riflessione etica. Inoltre, nuove prospettive etiche appaiono urgenti se prendiamo in considerazione i femminismi, la critica del maschilismo e del patriarcato e i movimenti legati alle comunità LGBTQIA+.
Senza dimenticare le congiunture specificamente ecclesiali, che mostrano crisi profonde e costitutive derivanti dal celibato clericale, con l’evidenza di problemi etero e omoaffettivi e lo scandalo, di proporzioni statistiche sbalorditive, della pedofilia. Inoltre, assistiamo alla fragilità della famiglia tradizionale, alla crisi dell’indissolubilità del matrimonio cattolico, alla moltiplicazione delle unioni coniugali di fatto, che la Chiesa continua a definire adultere.
Chiesa e spazio pubblico
Sembra evidente che oggi non possiamo più salvare le apparenze caste e virtuose della nostra Chiesa e che, al contrario, emergono le sue umanissime difficoltà nel trattare la sessualità, l’affettività e il genere.
Se, nella lunga stagione della cristianità europea e coloniale, la Chiesa ha dettato, come maestra della vita, le norme della morale, che coincidevano con le leggi degli Stati, da tempo ha definitivamente perso questo potere.
La strategia anticoloniale brasiliana, temperata dalla cordialità, dalla corporeità e dai jeitos, può essere una proposta valida per il futuro?
Davvero non lo so. Vedo però che questa antropologia si è sempre occupata della dimensione privata dell’esistenza, fino a ridurre l’intera realtà pubblica alle esigenze della famiglia. In effetti, il patrimonialismo domina le relazioni politiche brasiliane e rimane un elemento delle istituzioni che, in teoria, dovrebbero essere repubblicane.
La legge continua ad essere utilizzata dalle élites oligarchiche e rentiste come arma per combattere nemici e avversari, mentre familiari e amici sono esonerati dall’obbedienza alla legge e protetti e coperti, anche nel caso dei crimini più efferati. E, realtà che andrebbe studiata, nelle comunità cattoliche dell’interno e delle periferie urbane, non è forse l’alleanza tra famiglie che sostiene questo patto comunitario? Una o due famiglie e non un insieme di individui che scelgono il percorso comunitario! E nella scuola pubblica, gli insegnanti, fino ad oggi, sono zii e zie, assimilati all’egemonia familiare.
Attualmente pare che ci siano solo due strade per i cattolici.
I tradizionalisti scommettono sulla restaurazione del passato, su un ritorno radicale al Sillabo di san Pio IX e sulla crociata contro il modernismo di san Pio X. Questa posizione pone i suoi sostenitori in stretta connessione politica con i movimenti e i partiti di destra e di estrema destra che, negli ultimi anni, hanno nuovamente guadagnato spazio e influenza.
I cattolici del Vaticano II, d’altra parte, sono d’accordo nell’affrontare dialogicamente i cambiamenti che la modernità ha portato nella storia e tengono testa alla sfida di un rinnovato ascolto dei segni dei tempi e di nuovi discernimenti spirituali ed etici. Politicamente si identificano spesso con ciò che resta dell’eredità della sinistra, incapace di affrontare i tragici effetti del sistema capitalista e costretta oggi a difendere lo status quo minacciato dalla destra antisistemica.
La destra rifiuta di mettere nella sua agenda programmatica il tema della giustizia sociale e ambientale, ma insiste sul ripristino degli antichi valori dell’autorità religiosa, della patria e dell’identità nazionale e razziale, dell’eterosessualità, della famiglia.
Politica e sessualità
Per riassumere, ancora una volta la sessualità si trova in primo piano, e la destra si oppone alla degenerazione e al degrado dell’Occidente e al collasso spirituale della modernità.
Questa ideologia antioccidentale già fu monopolio del fondamentalismo islamico, ma oggi è pienamente presente nel fondamentalismo panrusso di Putin e dell’Ortodossia del Patriarcato di Mosca. Pratica e discorso che, con dosi differenti, troviamo nella rinascita della destra in tutto il mondo: Trump e Tea-Party negli Stati Uniti, Bolsonaro in Brasile, Le Pen in Francia, Meloni in Italia, Geert Wilders nei Paesi Bassi, AfD in Germania, Orban in Ungheria, Mateusz Morawiecki in Polonia, Norbert Hofer in Austria, l’UDC, il Partito Popolare Danese, i Democratici Svedesi, Alba Dorata in Grecia, il Partito Popolare Nostra Slovacchia, Nigel Farage, con il Partito per l’indipendenza del Regno Unito (UKIP) in Inghilterra e Irlanda del Nord.
Sembra che i brasiliani della cordialità e del jeito siano completamente esclusi da questa briga de brancos, intraducibile espressione brasiliana per sottolineare un litigio elitista tra privilegiati, che non presenta nessun interesse o vantaggio per il popolo minuto. Resta il compito di vedere se e come essi possano riprodurre, in situazioni sempre più avverse, le loro strategie di sopravvivenza, continuando la loro opposizione cordiale alla presunta razionalità che promuove la guerra, la fame e la distruzione della vita.
Pensando al modo popolare di affrontare i conflitti, mi ricordo di Alonso Silvestre Gomes, leader contadino, martire della terra (+19 novembre 1990), assassinato durante un conflitto per la terra, a São Mateus do Maranhão. Alonso era da tempo minacciato di morte e sapeva chi erano coloro che l’avrebbero in seguito ucciso.
Quale fu il piano che scelse per difendersi? Fuggire, non avrebbe potuto, perché era per lui impensabile la ricostruzione della vita familiare altrove. Reagire alle minacce armate dei proprietari terrieri non era a portata di mano, perché lui e i suoi fratelli in quella lotta non avevano forza sufficiente.
Scelse così, pochi giorni prima che il killer assoldato dai latifondisti lo uccidesse, di visitare uno degli autori delle minacce per chiedergli un prestito. Alonso non aveva bisogno di quel denaro, ma era urgente per lui costruire o rafforzare legami di dipendenza e familiarità con il nemico e risolvere così il conflitto. Non sempre, però, cordialità e jeito sono carte vincenti nel gioco della vita.
http://www.settimananews.it/societa/brasile-chiesa-norme-stato/
Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.