I turisti possono scegliere se partire o meno; i migranti no. Perché i migranti non sono turisti, sono purtroppo persone che fuggono da fame e sottosviluppo o da condizioni di schiavitù e di guerra o da cataclismi naturali o procurati. Sono disperati e quando si è disperati si fa di tutto per risolvere il proprio disagio (e quello dei propri cari). Sulla vicenda ultima di migranti morti sulle nostre coste, le dichiarazioni del ministro Piantedosi sono eticamente inaccettabili, istituzionalmente discutibili, umanamente offensive: esse suscitano indignazione perché offendono i migranti e tutta la gente di buon senso. Che lo si voglia o meno, i migranti sono persone. Sì, sono persone che meritano rispetto, e nel momento del dolore e della morte meritano pietà. Ma questo rispetto, questa pietà sembrano molto spesso mancare in alcuni politici italiani (di destra come di sinistra). Anzi al rispetto subentra la manipolazione a fini elettorali, sia di chi manipola, sia di chi dice che gli oppositori stanno manipolando. Non se ne può più di questo squallore. Ma perché non stanno zitti e osservano ore – non un minuto! – di silenzio per commemorare le vittime? Perché?
Le cause sono tante e complesse. Esprimo una personalissima e limitata opinione. La pietà, l’empatia, la comprensione sono i frutti di un cammino personale e sociale dove ci si educa a non essere individualisti, a non pensare solo al proprio tornaconto, a comprendere come il futuro degli altri è legato al mio. In altri termini sono l’opposto dell’individualismo. Ovviamente nella misura in cui l’attenzione alla persona individuale è inserita in un largo quadro di relazioni e di mutuo scambio tra persona e comunità, il riferimento alla persona individuale non ha niente di negativo. Il problema sorge – come è evidente – quando il riferimento alla persona individuale è affermato come valore superiore rispetto al gruppo o comunità, fino a dimenticare o escludere o opporsi o maltrattare l’altro.
La pietà individualista è molto spesso falsa, di circostanza, sterile, fugace come le immagini in TV. Quando, invece, la pietà è sincera si dosano le parole, si desidera offrire un contributo (con la mente e il cuore, in denaro o in tempo dedicato). La vera pietà porta alla solidarietà, altrimenti non è pietà, ma solo un’interpretazione teatrale. E il nostro Paese è fondato sul lavoro come attività-valore di riferimento e sulla solidarietà come orizzonte etico e pratico, una solidarietà “politica, economica e sociale” (art. 2 Cost.). E la solidarietà non è né di destra, né di sinistra, né della maggioranza, né dell’opposizione, né dei credenti, né degli atei, né degli uni, né degli altri. È di tutti. È la nostra Costituzione. È l’Italia.
Ovviamente la solidarietà deve essere intelligente, essere preparata e rafforzata da tanti impegni che la rendono più autentica ed efficace: la lotta alla tratta criminale di esseri umani e alle collusioni politiche, qui come altrove; gli accordi bilaterali; il coinvolgimento fattivo degli altri Paesi europei; le politiche migratorie accoglienti ed equilibrate; i processi integrativi seri e via discorrendo.
Ma tutto questo, che ci deve essere, non c’entra (né può essere citato come scusa fuorviante) quando davanti a noi ci sono persone che stanno morendo in mare o alla ricerca di un porto sicuro. Essi vanno accolti, senza se e senza ma. Non lo dice solo il diritto internazionale, lo dice la coscienza delle persone che hanno un minimo di umanità e pietà. E se hanno ciò, avranno anche solidarietà e saranno degni cittadine e cittadini di un Paese fondato su una Carta Costituzionale, pagata col sangue, e che impegna tutti, nessuno escluso, a essere democratico, antifascista, solidale, dedito a promuovere “il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 Cost.).
Rocco D’Ambrosio, presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari
pubblicato anche in Formiche.net del 28.2.2023