Insight Lucrezia, non è la biografia di Lucrezia Borgia, non è neanche un documentario sulla duchessa di Bisceglie, figlia illegittima del papa Alessandro VI. Insight Lucrezia è la camera oscura di una vita che ha fatto dell’oppressione e dello sfruttamento una rivendicazione politica. L’opera messa meravigliosamente in scena da Nunzia Antonino per la regia di Carlo Bruni, fin dalle prime scene e battute non ha l’aria di essere un’opera nelle righe della storia. La scena madre che si rivela già sul palcoscenico è quella di una camera, di una camera oscura, che pian piano si riempie di fumo e di musica, come una testa pensante. E noi veniamo trasportati insight, dentro Lucrezia.
Una bambolina segna il feticcio regale dei secoli passati, strumenti a corde ci trasportato in un’altra era e il bambolotto viene posto lì, al centro della scena, sul trono regale, sulla presidenza che diviene residenza di ciò che sappiamo di Lucrezia e del suo stesso fantasma. Una donna passata alla storia come una bambolina, un oggetto nelle mani di suo padre, di suo fratello Cesare Borgia, il principe elogiato da Niccolò Macchiavelli. Una bambolina che ha passato due terzi della sua vita a pettinarsi e vestirsi, mentre l’altro terzo ad essere vagina regale, nata per fottere e farsi ingravidare. La bambola-feticcio è tutto quello che sappiamo o presumiamo di sapere di Lucrezia Borgia, la sua pre-sidenza nel mondo. Invece, lo spettacolo ci porta in un altro luogo, in un altro mondo, in un’altra prospettiva, ovvero quella della residenza di Lucrezia. I luoghi che ha abitato, gli amori, le relazioni nelle principali corti rinascimentali, come anche i suoi amanti e la sua famiglia. Siamo messi dinanzi ad una narrazione residenziale, che ci chiede di rimanere, di sostare qualche minuto ad ascoltare dalla sua stessa voce chi ella sia stata. Gli spazi di conquista del potere patriarcale, della politica e della forza esercitata da suo padre e da suo fratello, si trasformano in emozioni, sentimenti, corporeità, vita. Di quella vita di cui le donne sole portano il segreto e che, ancora oggi, diventa oggetto di sfruttamento machista.
Una narrazione, allora, che ci porta dentro una visione politica della vita, dalla parte delle donne. Il corpo di Lucrezia su cui si è esercitato tutto il dominio maschile, diviene luogo di una politica differente, di un’astuzia politica che assomiglia più alla guerriglia che alle forme preordinate e fisse. Una guerrigliera che fa del proprio corpo sfruttato dal potere e oggetto di matrimoni e accordi diplomatici, un luogo di resistenza, un flusso di coscienza e di parole, una camera oscura dell’intimità. In un tempo in cui il corpo della donna è stato costantemente osservato, manipolato, vestito e svestito, oggetto più che soggetto, ecco che Lucrezia fa della sua situazione un modo per lottare, della parola una prospettiva diversa sulle persone e sulla vita delle persone che le sono intorno. L’insight di Lucrezia e con Lucrezia, assume la forma dell’entusiasmo creatore, come ci ricorda Pina De Luca.
Ed è “entusiasmo” che possedendoli rende gli stessi poeti creatori e creare è per loro fare del canto lo spazio in cui l’increato del mondo diviene mondo. Questo, infatti, non è mondo finito, ma mondo che mai finisce di farsi mondo e del suo farsi il canto è partecipe essendo “l’arte il fiore, il compimento della natura, la natura diventa divina soltanto per il legame con l’arte, che è di specie diversa, ma armonica”. Il movimento di ri-velazione del canto conosce così un’ulteriore ed essenziale mossa: è creazione di mondo e lo è perché, nel e per il canto, quanto era informe oscurità nasce dalla chiarezza della forma. Non è, però, quella della forma, una nitidezza pienamente e definitivamente conseguita poiché inesauribile è l’operare dell’informe e perciò inesauribile è pure il movimento di ri-velazione.[1]
Enthusiasmòs, ovvero avere il divino dentro. Forse è proprio questa scintilla divina che rintracciamo nella camera oscura di Lucrezia e che dà forma ad una storia informe. Persa nel fumo dei mille pregiudizi, ecco che avviene una rivelazione. Una donna sottomessa, sfruttata, oppressa e compressa nei suoi vestiti e nella dimensione pub(bl)ica, reinventa se stessa attraverso la parola. Una parola che sfida i secoli, che sfronda i pregiudizi, che si confronta non solo con la realtà dell’epoca ma anche con la complessità del reale. Esempio di questo è come, nel momento in cui tutti stanno a vedere e ad attestare il rapporto sessuale che Lucrezia ha con il suo terzo marito, è dalla sua stessa voce che sentiamo nominare: tablet, social e smartphone. Da una parte il controllo spudorato e ossessivo dei corpi e dall’altra una parola che cerca di ri-velare quanto di più umano c’è e ci possa essere in una donna come Lucrezia.
In psicologia, l’insight è la capacità di leggere nel profondo, di avere intuizione e consapevolezza dei propri sentimenti, emozioni e comportamenti. Allora, Insight Lucrezia è la possibilità di intravedere la realtà dalla e nella camera oscura di una persona che sfida il tempo e i secoli per giungere fino a noi per ri-velare un modo differente di vedere il mondo, mondo che continua a farsi mondo, a divenire mondo attraverso la storia e la parola. Così è per Lucrezia Borgia, così è per il teatro, così è per la politica. Perché, come ci insegna Carlo Bruni nelle sue opere, il teatro è una messa in scena politica del divenire mondo attraverso l’insight, la camera oscura dell’esistente.
[redattore CUF]
[1] P. De Luca, Nietzsche: esercizi di ri-velazione, in La filosofia come sapere visuale, Aut-aut, 396(dicembre 2022), p. 43-44.