Lo spazio di questa rubrica sarà dedicato a testimonianze dei nostri redattori studenti del Liceo Classico “Q. Orazio Flacco” di Bari che stanno partecipando in questi giorni (dal 6 al 14 febbraio) al “Treno della memoria”, un viaggio ‘lento’, di nove giorni, con bus granturismo che prevede la visita di Berlino e di Cracovia e in particolare del ghetto ebraico, della fabbrica di Schindler e dei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau.
DIARIO DI VIAGGIO
Quinto giorno: la fabbrica di Schindler
10 febbraio 2023 – ore 19:23
Mentre albeggiava tra le fredde ed eleganti strade di Cracovia, ci siamo ritrovati all’ingresso dell’ostello per prendere il pullman in direzione Kazimierz.
Kazimierz è il quartiere ebraico, nato in età medievale come città indipendente, fortificata dalle mura e circondata dalle acque del fiume Vistola. Gli ebrei furono confinati qui nel XV secolo a causa di una guerriglia in corso con i cristiani. Quando nell’Ottocento, sotto il dominio austro-ungarico, Kazimierz divenne parte di Cracovia, i suoi abitanti acquisirono gli stessi diritti dei cracoviani, tra cui quello di libera abitazione. Così gli ebrei si distribuirono in tutta la città. Nel 1939 erano 68.000 (quasi un quarto della popolazione), oggi sono poco più di 800.
In questo quartiere, ma anche a Podgorze, il ghetto, è stato girato Schindler’s List, film del 1993 con la regia di Steven Spielberg. Il film ottenne un successo mondiale, vincendo ben sette Oscar, ed ha dato inizio alla produzione della cultura americana sul tema della Shoa.
Arrivati a Kazimierz, ci siamo diretti con la guida verso il cuore del quartiere, via Szeroka, che in realtà è una piazza ‘allungata’, dove si trovano quattro delle sette sinagoghe di Kazimierz. Al centro è stato costruito un memoriale per i 65.000 ebrei di Cracovia morti nel campo di sterminio di Bełżec. La targa commemorativa è ricoperta di pietre, poiché è usanza ebraica utilizzarle al posto dei fiori, così come si faceva ai tempi dei patriarchi, quando le pietre venivano impiegate per riconoscere e proteggere la sacralità delle tombe. In questa piazza Spielberg alloggiò durante le riprese e girò la scena degli appelli prima delle deportazioni.
Spostandoci dietro la sinagoga Nuova, ci siamo trovati davanti al vecchio cimitero Remuh, trasformato in una discarica durante la Seconda Guerra Mondiale, ma poi riscoperto e restaurato. Infatti, sono stati ritrovati frammenti di lapidi antichissime, che oggi compongono il Muro del Pianto, situato tra il cimitero e via Szeroka: è un richiamo all’omonimo muro presente a Gerusalemme, ma anche un tentativo di ricomporre i pezzi del mondo distrutto dalla tragedia dell’Olocausto.
Siamo poi passati da un luogo privo di rilevanza storica, ma significativo per chi ha visto il film sopra citato: le scale di un palazzo in cui riescono a nascondersi, durante la scena di ‘liquidazione’ del ghetto, una mamma con sua figlia, grazie alla complicità di un tirapiedi delle SS che frequentava la stessa classe della bambina.
Con una breve camminata abbiamo raggiunto la fabbrica di Schindler, fondata nel 1937 con il nome di “Rekord” per la produzione di utensili smaltati. Nel 1939 fallisce e viene rilevata da Oskar Schindler, imprenditore tedesco da poco arrivato in città, che converte la produzione in bossoli e armi.
La fabbrica, nazionalizzata dopo la fine della guerra, oggi è un museo che ospita una mostra permanente su Cracovia durante i 1161 giorni di occupazione tedesca.
Negli ambienti della ex fabbrica sono riprodotti luoghi simboli di episodi di segregazione e oppressione, ma anche (i meno conosciuti) di resistenza. Tra questi l’università, dove nel novembre del ‘39 il rettore e i professori, che avevano organizzato una lezione aperta su richiesta di un tenente delle SS, vennero arrestati a tradimento e inviati al campo di concentramento di Sachsenhausen. Molti si mobilitarono per la loro liberazione, che avvenne un anno dopo per i pochi sopravvissuti. Le famiglie di chi non ce l’aveva fatta ricevettero una scatola con le ceneri del loro parente defunto.
Sono raccontate le conseguenze sulla vita degli ebrei dei divieti e delle imposizioni razziali dei nazisti: vengono progressivamente privati dei diritti e delle libertà proprie di ogni uomo, fino a perdere, nei campi di concentramento e di sterminio, la propria identità.
I loro pensieri e ricordi sono raccolti sulle pareti di una stanza singolare, raggiungibile tramite un corridoio molleggiante e buio, nel quale si ha la sensazione di sprofondare: serve a trasmettere l’insicurezza e l’instabilità che ogni giorno tormentava gli ebrei.
Dal marzo 1941 gli ebrei furono rinchiusi (con delle vere e proprie mura) nel quartiere Podgorze, nato come indipendente: questa operazione aveva il fine di ‘depurare’ la città. Inizialmente 15.000 persone vennero suddivise in 320 abitazioni: era stato calcolato per ogni individuo uno spazio personale di due metri quadrati. Con l’aumentare dei rastrellamenti la situazione diventava insostenibile e inumana per condizione igieniche, scarsità di cibo e sovraffollamento.
Quando venne messa a punto la ‘soluzione finale’, iniziarono le ‘liquidazioni’ dei ghetti, i cui abitanti dovevano essere deportati ed eliminati. L’unica condizione per essere preservati era possedere il timbro sulla carta del lavoro. Grazie a questo i più di 1000 ebrei impiegati nella fabbrica di Rekord durante le due liquidazioni del 1943 furono mandati nel campo di lavoro di Plaszow, e non in quelli di sterminio. Oskar Schindler, dal momento in cui aveva rilevato la fabbrica, aveva assunto operai ebrei, perché non dovevano essere pagati e convenivano all’azienda. Con il passare del tempo iniziò a conoscerli, ad empatizzare e affezionarsi a loro. Inoltre, come anche rappresentato in una scena del film di Spielberg, assistette agli arresti e ai maltrattamenti subiti dagli ebrei, che lo colpirono profondamente e lo spinsero a mobilitarsi. Così, quando nel 1944 il campo di Plaszow venne chiuso, per evitare che venissero spediti ad Auschwitz, stilò con l’aiuto di Itzhak Stern, suo contabile (peraltro ebreo), la lista di tutti i lavoratori, per legittimare e autorizzare lo spostamento della produzione in un campo di lavoro in Moravia, terra natale di Schindler.
L’ultima stanza del museo è dedicata ai 1200 nomi degli ebrei salvati da Schindler, che al momento del saluto con il loro benefattore gli consegnarono un anello con un’incisione dal Talmud: “Chi salva una vita salva il mondo intero”.
Il mondo che lui ha salvato è da preservare e ricordare.
– IV C Cambridge – Liceo Classico “Q. Orazio Flacco” di Bari
https://bariseranews.it/2023/02/11/ritorno-ad-auschwitz-sul-treno-della-memoria-4/