Il pensiero anarchico e la galassia di movimenti che lo costellano e che si rifanno all’idea esagerata di libertà, per dirla con le parole di Giampietro Berti[1], ha destato in me sempre un fascino irrisolto. Ho iniziato ad occuparmi di anarchismo durante gli anni del Liceo, in un periodo turbolento della mia vita, fatto di passione, incertezza, insicurezza e voglia di libertà. Bakunin, Kropotkin, Stirner, Malatesta, Cafiero sono state le letture che hanno alimentato il pensiero di quegli anni e che, ancora oggi, tornano come vecchi amici di lotta e di cammino. Il tutto alimentato e corroborato dalla poetica di Fabrizio de Andrè, per me non solo un cantautore ma un maître a panser, un maestro di pensiero.
Ancora oggi ammetto che il pensiero anarchico, in modo particolare l’anarchismo classico sviluppatosi fra l’Ottocento e il Novecento, fa parte del mio essere, del mio agire e del mio stesso modo di pensare. Un tassello importante della mia vita che torna ancora oggi, fra le notizie legate ad Alfredo Cospito. Arrestato per la prima volta nel 1991 per diserzione e condannato ad un anno e nuove mesi, Cospito è stato ulteriormente arrestato a Torino nel 2012 per aver gambizzato Roberto Adinolfi, dirigente dell’Ansaldo Nucleare per poi essere accusato, mentre scontava la pena, dell’attentato alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri di Fossano in cui non ci sono stati feriti o morti. Nel 2022, Cospito è stato raggiunto dalla condanna di ergastolo ostativo e rinchiuso nel regime di 41-bis, carcere nato durante lo stragismo mafioso ai danni di magistrati come Falcone e Borsellino. Un regime carcerario nato in un momento di crisi delle istituzioni, dove lo Stato ha inasprito le pene e le condanne per criminalità organizzata di stampo mafioso a cui si sono aggiunte le condanne per atti di terrorismo tesi alla sovversione delle istituzioni.
Lo Stato, dunque, approfittando dei tempi di forte crisi che stava attraversando ha deciso di mettere in campo delle misure eccezionali volte alla sua tutela e conservazione. Tuttavia, prima di affrontare la questione dello Stato dal punto di vista del pensiero anarchico, ciò che colpisce del caso Cospito è l’estremo parallelismo che si è venuto a creare fra il suo sciopero della fame per l’abolizione del regime di 41-bis e l’arresto di Matteo Messina Denaro. Due eventi che hanno posto nuovamente l’attenzione sul carcere duro ma avvicinato pericolosamente il movimento anarchico alla criminalità di stampo mafioso. Per lo Stato e il sistema giudiziario, sia Cospito che Messina Denaro sono condannabili al 41-bis, per le loro azioni, anche se il primo effettivamente non ha commesso nessun omicidio mentre il secondo ha alle sue spalle decine e decine di omicidi fra cui quello di Giuseppe Di Matteo, rapito a 12 anni e sciolto nell’acido. Due uomini che rischiamo di confondere per i loro attentati e le loro azioni, fin quasi a mischiarli fra le notizie e l’opinione pubblica. Ma ciò che è ancora più importante, tralasciando gli iter giudiziari dei due è il pericoloso affiancamento del pensiero anarchico con la mafia, in quanto entrambi sono organizzazioni poste al di fuori dello Stato. Basterebbe, per porre una completa differenza e separazione fra le due organizzazioni, esaminare brevemente il modo attraverso cui si sono venute a strutturare. Infatti, se per le organizzazioni mafiose l’elemento caratterizzante è il verticismo dell’organizzazione e della gestione dei traffici, per le organizzazioni anarchiche questo non è solo impossibile, ma addirittura impensabile. Ma oltre alle forme organizzative per cui il movimento anarchico è fondamentalmente anti verticista e anti gerarchico, basti prendere in considerazione anche le differenze che sussistono nel pensiero anarchico e nella criminalità organizzata di stampo mafioso. Se le varie forme di mafia si organizzano su base familistica tendendo ad un controllo speculativo del territorio contro ogni legge vigente, il pensiero anarchico si caratterizza per una costellazione plurale di movimenti, riflessioni, azioni, culture e controculture tese alla libertà individuale e collettiva.
Per ritornare al caso Cospito, come possiamo leggere anche in vari articoli di giornale, egli fa parte dell’anarco-insurrezionalismo, ovvero di quella branca del pensiero anarchico che mira al rovesciamento dello Stato attraverso la violenza. Le azioni di Cospito, dalla gambizzazione di Adinolfi alla bomba presso la Scuola Ufficiali dei Carabinieri, sono le dimostrazioni violente che avrebbero dovuto accendere la miccia per la rivoluzione contro lo Stato. Il perno dell’anarco-insurrezionalismo è la violenza da utilizzare nei confronti di spazi e persone simbolo delle istituzioni. Violenza a cui lo Stato risponde con violenza, rivelando ciò che il pensiero anarchico pensa a proposito degli uomini e delle donne di potere. In altre parole, Cospito sta manifestando ciò che sempre ha creduto sia lo Stato: un organizzazione che per la sua salvaguardia è capace anche di irrigidirsi e mostrare violenza. Per questo motivo, personalmente, non riesco a comprendere lo sciopero della fame di Cospito per una riduzione della pena da parte di uno Stato che egli ha sempre combattuto e che si rivela per quello che è o per quello che lui ritiene sia lo Stato. È come chiedere allo Stato di essere meno duro con chi esercita la violenza nei suoi confronti perché ritiene che lo Stato sia una organizzazione violenta. Infatti, ciò che maggiormente mi colpisce della questione Cospito è che tutto si stia concentrando su di lui, non sulle sue idee o sulla propaganda del fatto, come avveniva per anarchici del calibro di Malatesta o Cafiero. Tutto si limita ad un braccio di ferro fra Cospito, la galassia insurrezionalista dell’anarchismo e lo Stato. Quando il pensiero anarchico è molto più grande e complesso del singolo caso o della singola azione o del singolo movimento. Ci sono molti modi per essere anarchici, almeno tante quante sono le esperienze di liberazione contro ogni forma di potere che schiaccia, opprime, sfrutta e giustifica la sopraffazione di un individuo su un altro individuo. Anche una professoressa che insegna ai suoi studenti a pensare con la propria testa o ad elaborare un pensiero autonomo e critico nei confronti della società conserva in sé una percentuale di anarchia. Anche chi scrive nella speranza di aiutare altri e altre a dialogare e a cercare soluzioni che vadano bene per tutti e tutte può essere un libertario. Gli anarchici non sono coloro che seminano terrore, ma coloro che negli ambienti asfittici, nell’aria pesante della retorica, nelle stanze della banalità e della mediocrità aprono la finestra per far entrare aria nuova, aria pulita. Questo è per me il pensiero anarchico, questo è stato durante la mia formazione, questo è ancora oggi quando leggo e scrivo, quando organizzo e progetto, quando ascolto e quando incontro persone. Questa è anarchica: avere il coraggio di aprire la finestra in ambienti asfissianti, perché di qui iniziano le nostre rivoluzioni, quotidiane e libertarie.
[redattore CUF]
[1] G. N. Berti, Un’idea esagerata di libertà. Introduzione al pensiero anarchico, Elèuthera, Milano 2015.