Il Vangelo odierno: In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23, 35-45 – XXXIV Cristo Re – C)
20 novembre 2022. Non mancano giorni, per chi segue gli eventi nazionali e internazionali, che non sorgano domande sul potere e su chi attualmente lo esercita, nella Chiesa come nel mondo. Avantieri a Caserta, con dirigenti delle ACLI, a livello nazionale, abbiamo avuto modo di discutere e le tante domande, dei giovani presenti, mi hanno convinto ancor più di quanto la riflessione sul potere sia un cardine antropologico. In sintesi: non possiamo vivere e operare se non abbiamo un rapporto con il potere, piccolo o grande che sia, soprattutto con quello che è nelle nostre mani. Un punto di partenza potrebbe essere l’affermazione di Romano Guardini: “Il potere come specifico fenomeno umano, esige di avere un significato. Non esiste potere alcuno che abbia a priori senso e valore”.
Tutti noi abbiamo piccole o grandi quote di potere: nelle varie istituzioni in cui siamo inseriti, da quelle più semplici come la famiglia o una piccola associazione a quelle più complesse come aziende, scuole, università, associazioni, comunità di credenti, sindacati, partiti politici, strutture burocratiche, organismi nazionali ed internazionali. Ovunque s’incontrano forme di potere. Per non parlare del potere primo, fondamentale e sommo: il potere sulla nostra vita. E ogni potere è un modo di essere, di usare strumenti, di determinare effetti che, come dice Guardini, necessita di un significato. La domanda è: che significato diamo al nostro potere?
Da Gesù abbiamo da imparare molto, ma, per farlo, ci dobbiamo spogliare di molti pregiudizi e riserve mentali. Un giovane aclista mi chiedeva su chi autenticamente può giudicare un potere giusto o sbagliato. Certamente, nel contesto laico italiano, è fondamentale la fedeltà alla Costituzione. In campo cristiano, il punto fondamentale è il riferimento alla regalità di Gesù. Il significato che gli da Gesù è originalissimo e stranissimo, fuori da ogni schema che supera e rivede tutte le nostre aspettative e previsioni: Gesù è il Re in croce. E già questo dice molto. Ma lasciamo questo aspetto e concentriamoci sui dialoghi del brano. Tutti chiedono a Gesù che si salvi e che salvi gli altri, proprio perché è Re. In termini moderni chiedono al Cristo di usare il suo potere, che più o meno gli riconoscono, per finalità pratiche e convenienti per tutti: salvarsi dalla croce. Ma Gesù tace e va dritto per la sua strada, ovvero obbedire al Padre e accettare il calice che gli ha preparato. Il suo potere è vissuto come obbedienza a un progetto più grande della salvezza e comodità del momento. Potere come obbedienza a Dio e non come comodità per se stessi.
Un altro elemento di riflessione. Uno dei ladroni chiede: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Qui, il potere che Gesù manifesta, è accoglienza. Il cuore del ladrone si pente e si apre al Cristo. E lui lo accoglie, tanto da dirgli: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Quando il potere è vissuto come obbedienza al piano di Dio, gli altri non sono mai oggetti da usare o maltrattare, ma sono e restano sempre persone. E accoglierli nella loro povertà di vita e nel loro umile riconoscimento delle proprie colpe è uno dei modi più belli di vivere la regalità. Potere come apertura del proprio cuore all’altrui. Certamente abbiamo bisogno di un discernimento personale e comunitario continuo, altrimenti l’egoismo è “sempre in agguato, anche se lo neghiamo”, come ricordava una giovane aclista.
C’è, quindi, sempre da riflettere. Non devono farlo solo i politici ma tutti noi. Quindi potere come obbedienza a Dio e accoglienza dell’altro. Non sono gli unici fondamenti etici che il Vangelo presenta, ma ovviamente sono già abbastanza per una verifica seria e profonda. Mi permetto di dire che anche i non credenti possono essere coinvolti: per loro l’obbedienza è al mandato ricevuto, ai suoi contenuti etici. Tutti, quindi, possiamo fare qualcosa perché i poteri si rinnovino e diminuiscano i vari Trump, Erdogan, Putin, Orban (per non parlare dei nostrani) e compagni. Rinnovare il potere, più che stare a perdere tempo nel lamentarsi di quelli che ci governano (e che magari abbiamo appoggiato e votato) è un impegno inderogabile. Per i credenti è via per entrare con Gesù nel Regno.
Ha scritto Emanuel Mounier: “Non sono le istituzioni che fanno l’uomo nuovo, bensì un lavoro personale e insostituibile dell’uomo su se stesso. Le istituzioni nuove possono facilitargli il compito, ma non sostituirsi al suo sforzo. Le stesse facilitazioni che esse gli procurano, se egli non è sostenuto da una forza spirituale e intima, possono condurlo indifferentemente sia all’apatia che a un rinnovamento”.
Rocco D’Ambrosio [presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari; altri info]