Il Vangelo odierno: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 1-12 – solennità di tutti i santi).
1 novembre 2022. Il monte, dove Gesù pronunciò il discorso delle Beatitudine, nei pressi del lago di Tiberiade, è un luogo di pace, silenzio e meditazione. Per alcuni aspetti è è il luogo ideale per meditare l’invito a essere “beati” in diverse situazioni; per altri aspetti è un luogo lontano dalle sfide che le beatitudini pongono. Sono convinto che ambedue le cose sono vere, anche se in parte un po’ contraddittorie. E’ quella contraddizione che sentiamo spesso nella nostra vita cristiana: il Signore ci chiede di essere in un modo, ma ci accorgiamo che, in tanti conti, il mondo va in direzione “ostinata e contraria”, direbbe qualcuno.
Chi vuole seguire il Signore sa che essere “beato”, cioè “felice” in situazioni difficili è una vera e propria sfida. Uno dei discorsi più vuoti e inutili sulla santità è attribuire ai tempi che viviamo la difficoltà del seguire le beatitudini evangeliche. Perché sono esistititi tempi favorevoli alla coerenza evangelica? Suvvia, non diciamo sciocchezze! Da che mondo è mondo povertà, pace, giustizia, solidarietà, mitezza, misericordia non sono state mai di moda. La santità non si gioca “intorno a me”, ma “dentro di me”. Parliamo molto di santi e santità dimenticandoci di questa profonda e radicale scelta interiore per essa. Non aiuta certamente un tipo di cattolicesimo, sempre più di moda, che si limita all’esteriorità di rosari sbandierati e messe in latino rimpiante, dove il rito e la forma sembrano avere la meglio sul cuore e la sostanza della fede.
Scriveva Raissa Maritain: “Esiste una santità per ognuno di noi, commisurata al nostro destino, e che Dio si propone di ottenere per vie che non sono catalogate in alcuni manuali di perfezione”. E’ qui il punto: scoprire che la “santità è mia”, ossia che c’è una per me! Addirittura, molto banalmente, c’è chi pensa che oggi siamo la festa de “l’onomastico di tutti”! Oggi è la festa della santità di ognuno, da ricercare e costruire quotidianamente. La pagina evangelica ci aiuta tanto perché riporta il tutto su termine “beato”, ossia “felice, sereno”. Non c’è santità che non ci porta un po’ di serenità e felicità, certamente insieme a prove. Ma non lo facciamo per le prove, ma per essere sereni e felici in Dio. Nonostante tutto.
Coerenza cristiana in tutte le situazioni; impegno per la povertà, la misericordia, la purezza, la pace; dolore e fede nei confronti dell’ingiustizia sociale sono spesso merce rara. Papa Francesco, che ne parla spesso, non è accettato da tutti, anzi. Sarà questo il motivo perché sbocciano pochi santi? Forse si.
Rocco D’Ambrosio [presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari]